Coronavirus © il Deutsch-Italia
Coronavirus © il Deutsch-Italia

Il titolo potrebbe essere fuorviante. In un periodo di tensioni varie, rese ancor più palesi dalla crisi del Coronavirus, parlare di “difesa” dei tedeschi potrebbe sembrare un paradosso per molti italiani. Tuttavia la mia “difesa” del popolo tedesco non riguarda direttamente gli aspetti squisitamente di politica internazionale o di economia, sui quali chi mi segue sa benissimo quanto io sia critico (almeno tanto quanto lo sono nei confronti delle identiche tematiche, per motivi differenti, affrontate nel nostro di Paese), quanto piuttosto per il modo in cui tutta la vicenda legata alla “pandemia” del Covid-19 è stata affrontata, sia a livello governativo che da parte della popolazione tedesca. Non è certamente un caso che il “Criticismo”, come indirizzo filosofico, sia nato in questo Paese cui tanto l’umanità deve negli ultimi tre secoli in questo di campo, così come in quello scientifico, letterario e musicale. Ovviamente i tedeschi non hanno bisogno di una mia “difesa”: sanno benissimo farsi valere da soli. Tuttavia sento l’esigenza di esporre, per senso civico e per amore della verità (merce rara in periodi confusionari come questi, soprattutto da noi in Italia), il modo in cui la Germania ha affrontato l’emergenza determinata dal Coronavirus.
Lascio la cronaca, pur importante, dei vari passaggi susseguitisi in questi mesi di “emergenza pandemia” al riquadro che troverete in fondo all’articolo, e preferisco soffermarmi su un altro aspetto della questione: quali sono state le differenze, di metodo e sostanziali, adottate nei due Paesi nell’affrontare tutte le varie problematiche dovute al Covid-19.
La Politica
Jens Spahn © CC BY-SA 3.0 Stephan Baumann
Jens Spahn © CC BY-SA 3.0 Stephan Baumann WC
Il primo caso conclamato di infezione per il virus si registrò ufficialmente il 27 gennaio, nel distretto bavarese di Starnberg. Ne parlammo anche noi a fine febbraio, quando oramai in Italia si era passati dagli aperitivi fra la cosiddetta movida milanese (proprio il 27 gennaio) e l’abbraccio fraterno dei cittadini cinesi presenti sul territorio italiano, allo scoppio del caso del “paziente zero” di Codogno (per l’esattezza il 20 di febbraio). La linea del ministro della Salute tedesco, il cristiano democratico Jens Spahn, fu quella della prudenza. «Wenn man mir in zwei Wochen vorwirft, übertrieben vorsichtig gewesen zu sein, bin ich zufrieden – denn dann hat sich alles gut entwickelt» (Se tra due settimane sarò accusato di essere stato troppo prudente, sarò soddisfatto – perché allora tutto sarà andato bene). La differenza si commenta da sé.
Il 13 febbraio il Bundestag, per la prima volta nella storia della Repubblica federale tedesca, discusse in un’unica sessione una legge in prima, seconda e terza lettura, approvandola lo stesso giorno all’unanimità e senza astensioni. Era quella che autorizzava il Governo federale ad adottare alcune misure immediate (indennità di lavoro a tempo parziale, in pratica la nostra cassa integrazione) con un decreto legislativo.
Il 26 di febbraio il Ministro della Salute dichiarò ufficialmente “l’inizio di un’epidemia in Germania” e dal giorno seguente si iniziarono a prendere misure quali la costituzione di un’unità di crisi tra il ministero dell’Interno e il ministero della Salute. Principali punti di riferimento scientifici per il Governo sono stati il Robert Koch Institut e l’Accademia delle Scienze Leopoldina.
Il 17 marzo il ministro degli Esteri, il socialdemocratico Heiko Maas, annunciò un poderoso piano di rimpatrio (da 50milioni di euro) dei cittadini tedeschi (e non solo) che si trovavano all’estero.
Angela Merkel © Emilio Esbardo per il Deutsch-Italia
Angela Merkel © Emilio Esbardo per il Deutsch-Italia

Il 18 di marzo la Cancelliera Angela Merkel (CDU) con un messaggio alla nazione dichiarò: «Es ist ernst. Seit der Deutschen Einheit, nein, seit dem Zweiten Weltkrieg gab es keine Herausforderung an unser Land mehr, bei der es so sehr auf unser gemeinsames solidarisches Handeln ankommt», ossia: “È una cosa seria. Dalla riunificazione tedesca, no, dalla seconda guerra mondiale, non c’è stata più una sfida per il nostro Paese, che dipende così tanto dalla nostra solidarietà comune”. Così furono annunciate le prime misure “restrittive” per limitare il contagio e la Cancelliera fece appello alla responsabilità di ciascuno per limitare la diffusione dello stesso. Ma, cosa molto importante, precisò: «Es geht darum, das Virus auf seinem Weg durch Deutschland zu verlangsamen. Und dabei müssen wir, das ist existentiell, auf eines setzen: das öffentliche Leben soweit es geht herunterzufahren. Natürlich mit Vernunft und Augenmaß, denn der Staat wird weiter funktionieren, die Versorgung wird selbstverständlich weiter gesichert sein und wir wollen so viel wirtschaftliche Tätigkeit wie möglich bewahren. Aber alles, was Menschen gefährden könnte, alles, was dem Einzelnen, aber auch der Gemeinschaft schaden könnte, das müssen wir jetzt reduzieren», “Si tratta di rallentare il virus nel suo percorso attraverso la Germania. E nel farlo, dobbiamo fare affidamento su una cosa, che è esistenziale: chiudere il più possibile la vita pubblica. Naturalmente con la ragione e il senso delle proporzioni, perché lo Stato continuerà a funzionare, l’approvvigionamento continuerà naturalmente ad essere garantito e vogliamo preservare quanta più attività economica possibile. Ma tutto ciò che può mettere in pericolo le persone, tutto ciò che può danneggiare l’individuo, ma anche la comunità, dobbiamo ora ridurlo”. Continuò poi: «Lassen Sie mich versichern: Für jemandem wie mich, für die Reise- und Bewegungsfreiheit ein schwer erkämpftes Recht waren, sind solche Einschränkungen nur in der absoluten Notwendigkeit zu rechtfertigen. Sie sollten in einer Demokratie nie leichtfertig und nur temporär beschlossen werden – aber sie sind im Moment unverzichtbar, um Leben zu retten», ovvero: “Lasciate che ve lo assicuri: Per una come me, per la quale la libertà di viaggio e di movimento erano un diritto conquistato a fatica, tali restrizioni possono essere giustificate solo in caso di assoluta necessità. In una democrazia, non dovrebbero mai essere decise con leggerezza e solo temporaneamente – ma sono indispensabili al momento se si vogliono salvare delle vite”. Mi limito in questo caso a sottolineare il senso dello Stato, indipendentemente dalla parte politica, espresso dalla leader tedesca che mai ha negato il ruolo del Parlamento e delle opposizioni nel prendere decisioni così importanti per il suo Paese.
Coronavirus © il Deutsch-Italia
Coronavirus © il Deutsch-Italia

A questo proposito, ciò che mi preme rimarcare è il ruolo preponderante della Politica in Germania in questa enorme vicenda, che tutto il mondo ha visto coinvolto. La Scienza e i “tecnici” sono stati sì consultati, come è giusto che sia in casi del genere, ma le decisioni ultime sono state di carattere squisitamente politico. Niente annunci mediatici, ma concrete decisioni e comunicazioni chiare ai cittadini, cercando il coinvolgimento attivo di questi ultimi attraverso un’esortazione alla responsabilità dei singoli. In altre parole la Politica tedesca ha considerato il cittadino tedesco come parte attiva e non passiva, costretta a subire decisioni prese dall’alto come fosse un bambino a cui dare regole restrittive in quanto “irresponsabile” per natura. E questo nonostante il fatto che in Germania si siano svolte numerose manifestazioni di protesta e dissenso verso le pur ragionevoli e decisamente non eccessive restrizioni messe in atto per cercare di arginare il più possibile gli eventuali effetti negativi del potenziale contagio. La libertà di dissenso rimane un cardine essenziale, in qualunque democrazia. Altrimenti quest’ultima non sarebbe tale, bensì assumerebbe i tetri caratteri di una dittatura.
La Stampa
Stampa bugiarda © il Deutsch-Italia
Stampa bugiarda © il Deutsch-Italia

In genere non mi sento di poter elogiare in modo continuativo la Stampa tedesca, ma devo dire che in questo caso sia riuscita a mantenere un atteggiamento sostanzialmente di servizio. I telegiornali nazionali, al contrario dei nostri, hanno dedicato il “giusto” spazio alle notizie relative al Covid-19, laddove per giusto intendo il tempo necessario e sufficiente per informare i cittadini sui molteplici aspetti dell’epidemia, ma non dedicando le intere notizie ad una quotidiana conta morbosa di decessi, infetti e “casi umani” come si sono viste, ahimè, sui nostri canali televisivi. Ci sono stati sì approfondimenti, anche sulla carta stampata, ma sempre con toni poco sensazionalistici o tendenti ad incutere nei lettori e negli ascoltatori il terrore del contagio. Compito della nostra categoria dovrebbe essere quello di fungere da veicolo di notizie utili e variegate, mettendo a disposizione della popolazione il più ampio spettro di informazioni senza censure preventive. Come nel caso dell’azione politica, anche il compito dell’informazione non può essere quello di trattare il cittadino come un bambino da tutelare preventivamente da possibili notizie false, o fake news come piace chiamarle in questo periodo. Il lettore (o l’ascoltatore) deve essere libero di farsi un quadro della situazione e un’opinione da sé, essendo sufficientemente “adulto” da poter capire e discernere i messaggi che gli vengono comunicati.
La popolazione
Coronavirus © il Deutsch-Italia
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Altro elogio che mi sento di fare è quello al popolo tedesco. Onestamente non ho mai visto autentiche scene di panico isterico (eccezion fatta per l’incetta di generi alimentari e di carta igienica nel primo periodo) o letto commenti su giornali o blog tedeschi che lanciassero allarmi e invettive nei confronti di possibili comportamenti “a rischio”. Al contrario m’è capitato di leggerne su blog e gruppi Facebook di italiani residenti in Germania, che criticavano la “sconsideratezza” del comportamento “libertino” dei tedeschi, colpevoli ai loro occhi di continuare ad avere una vita sociale quasi normale, almeno fino a quando non gli è stato espressamente richiesto dai politici di limitare i contatti interpersonali. Ovviamente tali commenti da parte dei nostri connazionali sono cambiati radicalmente, facendosi per così dire più “accondiscendenti”, al primo farsi avanti della primavera allorquando, con le dovute precauzioni, la gente si è riversata nei parchi e all’aperto per godere dell’aria fresca e del piacevole tepore del Sole. In quel caso gli “irresponsabili” tedeschi mostravano al contrario le irreprensibili qualità teutoniche del rispetto delle regole, senza il bisogno di essere trattati come bambini cretini. Ma si sa, cambiare opinione è sinonimo di maturità ed intelligenza, anche se a fasi alterne, e la bella stagione porta con sé una visione delle cose più ottimistica. Questo, evidentemente, contribuisce a sfatare il mito che il popolo pessimista sia quello tedesco.
Coronavirus © il Deutsch-Italia
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Ovviamente ciascuno può avere la propria opinione sui metodi più opportuni per combattere una minaccia come quella del Coronavirus, ma rimane pur sempre un fatto incontestabile che, al di là delle senz’altro migliori condizioni del suo sistema sanitario (è da notare che le numerose terapie intensive non si sono mai riempite) la Germania è uscita decisamente meglio del nostro Paese dal periodo clou dell’epidemia, tanto da un punto di vista sanitario, che sociale ed economico. Alla prova dei fatti, anche considerando soltanto i primi due di questi aspetti (il terzo richiederebbe un articolo a parte) in un Paese di circa 83milioni di abitanti (23milioni più dell’Italia) il numero complessivo degli infetti e dei deceduti è rispettivamente, al momento in cui questo articolo è stato scritto, di 184.193 e 8.674. In Italia, ahinoi, 234.119 e 32.354. E questo nonostante oltre due mesi di pressocché totale blocco del Paese, durante il quale la vita degli italiani è stata regolata da una serie di decisioni prese da gruppi di “esperti” (task force) cui la Politica ha demandato il compito di “dirigere” l’intera nazione.
Coronavirus 244 © il Deutsch-Italia
Coronavirus © il Deutsch-Italia

Ora delle due l’una: o le decisioni prese non erano le più adeguate, oppure bisogna per forza di cose presupporre che i tedeschi siano un popolo dotato di un sistema immunitario superiore (cosa che peraltro ho letto in Rete), in pratica degli Übermenschen di nietzschiana memoria, o magari, semplicemente, estremamente fortunati. Tutto ciò, ovviamente, al netto del fatto che il virus possa essersi presentato in forma più virulenta da noi che altrove. O magari il metodo adottato dal sistema Paese è stato più efficace, non lasciando che il panico avesse il sopravvento, con una classe politica che ha saputo guidare la nazione, senza abdicare le decisioni ad altri, pur avvalendosi delle indicazioni della Scienza.
Sì, la Ragione, Die Vernunft, propria di quel Criticismo che ho citato all’inizio, non ha abbandonato la Germania, nonostante il Coronavirus.

Le principali misure prese in Germania
durante l’epidemia di Covid-19
 
Il primo caso conclamato di infezione per il virus si registrò ufficialmente il 27 gennaio, nel distretto bavarese di Starnberg. Ne parlammo anche noi a fine febbraio, quando oramai in Italia si era passati dagli aperitivi fra la cosiddetta movida milanese (proprio il 27 gennaio) e all’abbraccio fraterno dei cittadini cinesi presenti sul territorio, allo scoppio del caso del “paziente zero” di Codogno (per l’esattezza il 20 di febbraio). La linea del ministro della Salute tedesco, il cristiano democratico Jens Spahn, fu quella della prudenza. «Wenn man mir in zwei Wochen vorwirft, übertrieben vorsichtig gewesen zu sein, bin ich zufrieden – denn dann hat sich alles gut entwickelt» (Se tra due settimane sarò accusato di essere stato troppo prudente, sarò soddisfatto – perché allora tutto sarà andato bene).
A fine febbraio, durante la celebrazione del carnevale, numerose persone contrassero l’infezione nel distretto di Heinsberg, nel Nord Reno-Westfalia, causando allarme e facendo sì che venissero cancellati i primi grandi eventi, ad iniziare dalla più grande Fiera del turismo al mondo, l’ITB di Berlino (il 29). Sempre a fine febbraio furono confermate infezioni da Coronavirus anche nel Baden-Württemberg. Entrambi gli Stati istituirono un gruppo di gestione delle crisi, sostenuto dall’Istituto Robert Koch e dal ministero federale della Sanità. Altri casi si registrarono in Renania-Palatinato, Amburgo e in Assia. Tutto ciò fece sì che il ministro Spahn dichiarasse: «…die Epidemie jetzt Deutschland erreicht hat», ossia “l’epidemia ha ora raggiunto la Germania”.
Il 10 di marzo si decise di vietare le riunioni con più di mille partecipanti e subito dopo si invitarono i cittadini tedeschi e no, presenti sul territorio nazionale e che fossero rientrati da Italia, Austria o Svizzera di mettersi volontariamente in quarantena per due settimane prima di circolare liberamente.
Il 18 di marzo ci fu il discorso alla nazione della Cancelliera Angela Merkel
Il 20 marzo la Baviera e il Saarland furono i due primi Stati federali ad imporre restrizioni di spostamento, seguiti poi da altri, e il 22 la stessa Cancelliera si pose in quarantena per essere stata a contatto con un medico risultato contagiato dal virus. Tra il 23 e il 27 di marzo si decisero sostanziosi finanziamenti per l’economia tedesca (oltre un trilione di euro in totale) e il giorno seguente la Cancelliera, attraverso il suo podcast settimanale, ringraziava i cittadini per aver rispettato le regole, chiedendo ulteriore pazienza, e il 3 aprile finì il suo periodo di quarantena. Nel frattempo il Parlamento aveva deciso di prolungare fino a dopo Pasqua le restrizioni alla vita pubblica e la limitazione dei contatti personali.
L’11 aprile il Presidente della Repubblica, Frank-Walter Steinmaier, pronuncia un discorso alla tv tedesca rivolto ai suoi connazionali sottolineando: «Ich bin tief beeindruckt von dem Kraftakt, den unser Land in den vergangenen Wochen vollbracht hat» (Sono profondamente colpito dall’atto di forza che il nostro Paese ha raggiunto nelle ultime settimane). Due giorni dopo l’Accademia delle Scienze Leopoldina (la più antica società scientifica e medica nel mondo di lingua tedesca e la più antica accademia permanente di scienze naturali del mondo) presenta una dichiarazione in cui vengono formulate le condizioni per una graduale normalizzazione della vita pubblica. La dichiarazione sarà inclusa nelle consultazioni tra il Governo federale e i Länder il 15 aprile successivo. Tra il 17 e il 29 aprile viene decisa la riapertura (pur se con l’obbligo dell’uso della mascherina) delle funzioni pubbliche e il 30 aprile la Cancelliera e i capi dei vari Länder decidono di riaprire i parchi giochi e le istituzioni culturali, come i musei, zoo e i monumenti commemorativi, pur se a determinate condizioni.
Non tutto, però, si è svolto senza contestazioni. Ed è qui che lo spirito di critica tedesco, comunque la si pensi riguardo tanto il virus, quanto riguardo le misure prese per contenerne il contagio, è emerso chiaramente rispetto ad altri Paesi, compreso il nostro. Il primo maggio, quest’anno più degli altri anni, ci sono state proteste e disordini a Berlino, soprattutto nello storico quartiere di Kreuzberg, seguite già dal giorno seguente, per la prima volta, da centinaia di persone che nella Germania centrale hanno manifestano contemporaneamente in più luoghi, appunto contro le restrizioni e le normative per contenere il virus. In Sassonia la protesta, secondo gli organi di polizia, era stata organizzata da vari gruppi di destra. Ci sono state numerose violazioni delle regole sulla distanza e di altri regolamenti.
Tra il 4 e il 6 maggio si applicarano ulteriori allargamenti rispetto alle proibizioni iniziali (che più che altro erano consigli), ma già il 9 in diverse città tedesche migliaia di persone manifestarono contro le restrizioni di contatto interpersonale e contro le normative d’igiene messe in vigore, la qual cosa mise in allerta i servizi di polizia criminale e destò la preoccupazione dei ministri dell’Interno dei singoli Länder. Il 16 maggio migliaia di persone manifestano contro le restrizioni in diverse città. Il Primo ministro della Sassonia, Michael Kretschmer (CDU), fa scalpore a livello nazionale perché a Dresda cerca di parlare senza maschera con i manifestanti che lo insultavano. Dal 18 maggio riaprirono i ristoranti, pur se con severe regole di distanziamento tra i tavoli e rigide norme igieniche. Il 24 il Primo ministro della Turingia, Bodo Ramelow (Linke) suscita critiche a livello nazionale con il suo progetto di abolire le restrizioni generali contro il Coronavirus a partire dal 6 giugno, pur senza abolire le distanze minime interpersonali e l’utilizzo della mascherina nei luoghi pubblici al chiuso.
Lo scorso 3 giugno il Governo ha deciso un ulteriore pacchetto di aiuti economici di altri  130miliardi di euro (in totale sono ben oltre il trilione di euro), oltre ad una diminuizione dell’IVA dal 19 al 16 per cento. Venticinque miliardi saranno dedicati al settore del turismo e dell’intrattenimento nel periodo tra giugno ed agosto. Inoltre ogni famiglia con figli a carico riceverà 300 euro per ogni bambino. «La Germania deve uscire dalla crisi il più rapidamente possibile e rafforzata. Ci occupiamo di questo con il programma di stimolo economico più completo per i cittadini e l’economia nella storia della Germania», ha dichiarato il ministro degli Affari economici Peter Altmaier (CDU).
Fin qui la cronaca.
 
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