La prima vittima della guerra

La prima vittima della guerra

Quando gli eventi scorrono vorticosi ritengo abbia poco senso scrivere circa le cause degli stessi e di dove porteranno in futuro. Per capire occorre aspettare e tirare i fili di diverse trame che si svolgono contemporaneamente sì, ma ciascuna (almeno apparentemente) slegata dall’altra.

Temo che non passerà molto tempo prima che gli sviluppi, a mio parere tragici, di tutto quanto l’umanità sta vivendo oramai da due anni arrivino al loro punto di approdo.

Ricapitolando brevemente abbiamo subito la finta “pandemia” del Sars Covid 2. Oggi sappiamo bene da dove ha avuto origine (link 1, link 2, link 3) e chi ne è stato per così dire “l’ideatore”. In realtà bisognerebbe dire “gli ideatori”, che poi sono sempre gli stessi. Sono poco più di un centinaio tra famiglie potenti e autocrati al mondo che, sottolineo di comune accordo, hanno deciso verso quali cambiamenti l’umanità avrebbe dovuto dirigersi in un breve lasso di tempo. Fra questi fanno parte del gruppo, oltre alle solite famiglie Rothschild, Rockefeller & Co., la nomenclatura dei mandarini cinesi (con cui, come ha ben messo in rilievo Nicoletta Forcheri, sono in affari proprio i Rothschild oramai da anni), il Vaticano, la Mafia e la Russia di Vladimir Putin (forse l’unico un po’ più legato al mondo “vecchio stampo” per certi versi). Hanno peraltro spiegato tutto bene e alla luce del sole nelle loro varie riunioni, oramai semi leggendarie, del gruppo Bilderberg o del World Economic Forum di Klaus Schwab e la sua agenda 2030. Non avrete nulla e sarete felici (e controllati dalla mattina alla sera). Così si può riassumere il loro motto. Il tutto attraverso la tecnologia.

Tutta l’operazione è stata a lungo preparata e i metodi con i quali è stata introdotta sono stati molteplici. A livello internazionale la tensione è stata mantenuta elevata con le varie rivoluzioni colorate, gli attentati in diverse nazioni, sui cui esecutori estremisti (in genere arabi) possono credere giusto i bambini delle elementari o il popolo bue (ossia il 90 per cento dell’umanità). Per aprire la strada verso un cambiamento di modo di vivere ci hanno invece pensato movimenti politici come i “5 stelle” in Italia, o i Verdi in Germania, oltre alla paladina della protesta contro il “cambiamento climatico” Greta Thunberg e i “gretini” lobotomizzati di ogni età, sorti magicamente come funghi in tutto il globo (la madre dei cretini è sempre incinta, si sarebbe detto in altri tempi al di fuori del politically correct).

Infine è arrivata la guerra in Ucraina. Come in tutte le guerre la prima vittima a farne le spese è la verità. L’unica cosa sicura è che della popolazione ucraina non importa nulla a nessuna delle parti in causa, Europa inclusa.

Una guerra “strana” quella mai ufficialmente dichiarata fra Russia, l’invasore, e Ucraina, l’aggredito. La storia, come sappiamo, parte da lontano. Almeno da un lato della questione. E cioè dalla continua trasgressione degli accordi presi al momento della caduta del Muro di Berlino tra l’ex Unione sovietica e la Nato circa il rispetto della neutralità degli ex territori sovietici (Ucraina inclusa), e il trattamento riservato alle popolazioni russofone del Donbass, con il riconoscimento dell’indipendenza da parte della Russia delle due repubbliche di Doneck e Lugansk. Al riguardo si veda l’ottimo lavoro di Giorgio Bianchi, uno dei pochi veri giornalisti che, sul posto, sta raccontando (al momento di questo mio articolo) come si svolgono veramente i fatti e come si sono svolti in passato.

Ciò detto però rimane d’analizzare la situazione generale. Come dicevo prima anche la Russia fa parte del gruppo di potere che si vuole spartire il mondo futuro. Tuttavia penso che durante il percorso che dovrebbe portare a questo obiettivo ci siano dei veri e propri scontri fra gli attori in campo. In questo caso gli Stati Uniti e la Gran Bretagna, usando il paravento della Nato, e dall’altra lo zar Vladimir. I primi due hanno provato ad assestare un colpo notevole al rivale, non calcolando che quest’ultimo è in realtà un osso ben più duro di quanto pensassero. Se a questo aggiungiamo il fatto che la Cina (vero obiettivo di Washington) si è unita a far fronte comune con la Russia, il quadro risulta quantomeno problematico.

 

Addio Dollaro, addio

A parte l’accerchiamento sicuramente in atto da parte della Nato nei confronti del territorio russo e il tentativo fatto in Ucraina, usando a proprio piacimento il Vecchio continente (come al solito), ora in ballo c’è la supremazia monetaria e il passaggio (voluto da tutti gli attori contendenti) alla moneta digitale. Primo passo? La poderosa spallata di Putin al Dollaro, chiedendo il pagamento del prezioso (almeno per l’Europa, la vera perdente di tutta questa controversia) gas russo in rubli e non più in Euro o Dollari ha segnato un punto di non ritorno al passato. Il costo dell’oro in Rubli è inferiore a quello dello stesso in Dollari. Il Petrodollaro, che sostituì gli accordi di Bretton Woods nel 1971, è al suo capolinea. La Russia e la Cina hanno deciso che fosse arrivato il momento di mandarlo in pensione.

Ma attenzione, tutto ciò non è il gioco del buono nei confronti del cattivo (in questo caso dei russi nei confronti degli americani). Io non faccio nel modo più assoluto parte di quanti in Rete stanno gongolando al solo pensiero che la globalizzazione sia al suo capolinea. La globalizzazione per come l’avevamo intesa fino ad ora sì. Ma le élite l’hanno trasformata e hanno pensato ad una forma di controllo globale digitalizzato. Non è un caso che la Russia accetti il pagamento per le sue materie prime anche in Bitcoin. Perché sanno molto bene anche i russi che la moneta digitale (che è purtroppo il futuro degli scambi commerciali di qualunque tipo) permette un controllo sociale pressoché totale. Oltre a sapere perfettamente dove si trova e cosa fa un individuo, se non s’attenesse ai diktat di chi comanda o trasgredisse le regole a lui imposte, potrebbe essere immediatamente punito attraverso la chiusura immediata del credito, rendendogli di fatto impossibile la vita. Esattamente come accade ora in Cina in diverse regioni e il cui modello è quello a cui s’ispirano i “socialisti liberali” alla Mario Draghi*.

Per questo c’è stata la “pandemia” prima ed ora la guerra. Tutto era già programmato, così come sono programmati i cambiamenti climatici. Tutto tendente ad un unico obiettivo: il mondo sarà spartito in tre gruppi di potere. L’anglo-americano da una parte, con Canada, Australia e colonie varie da una parte; il blocco sino-russo dall’altra, con India e altri Paesi legati alle loro economie; ed infine l’Europa, o meglio quello che ne rimarrà. L’anello debole infatti siamo proprio noi, schiacciati dagli interessi americani da una parte e dalla carenza di materie prime dall’altra. Eravamo, anzi siamo, il boccone più ghiotto. Siamo un continente relativamente ricco ed abbiamo, noi italiani in particolare, il maggior numero al mondo di opere d’arte ed un alto tasso di ricchezza privata, mobile ed immobile.

A me fanno ridere quanti in Rete affermano: “La globalizzazione sta crollando”, oppure, “viene giù tutto. Abbiamo vinto”, anziché “Putin è l’ultimo paladino contro la globalizzazione”. Putin senz’altro è un ottimo politico vecchio stampo, e innanzitutto fa gli interessi della sua di nazione, ma non è uno stinco di santo né più né meno che gli altri. Ha anch’egli uno scopo ben preciso, quello di spartirsi una fetta della torta globale. La sola differenza è che lo fa con una sorta di etica che i suoi avversari/complici non applicano più da tempo. O che forse non hanno mai applicato. Come si suol dire, fra cani non si mordono. O meglio, ogni tanto tentano di farlo, forse nella speranza di cogliere impreparato l’antagonista, ma lo scopo finale è sempre ben presente a tutti.

La Cina, oramai diventato un gigante economico e tecnologico, è la vera antagonista degli Stati Uniti (che inizialmente l’avevano favorita pensando di relegarvi la produzione industriale di massa, non rendendosi invece conto di aver reso dipendente da essa per la produzione industriale strategica le aziende occidentali). L’impero cinese ha una grande potenza nella logistica costruttiva, cosa che può tornare utile alla Russia che, al contrario, eccezion fatta per Mosca e San Pietroburgo (ossia la parte “europea” del suo territorio), ha ingenti quantità di materie prime, ma non le infrastrutture. Pertanto i cinesi e i russi si sono alleati per uno scambio reciproco in tal senso. Vladivostok in particolare rappresenta la punta di diamante di tale alleanza, in quanto porto che si affaccia sul Mar del Giappone, quindi sull’Oceano pacifico, al confine con la Cina e la Corea del Nord e che, attraverso lo stretto di Bering, rappresenta un’alternativa per il trasporto di merci attraverso la rotta nordica (che oramai con lo scioglimento dei ghiacci è una più che valida alternativa alle consuete rotte controllate per lo più dal blocco economico opposto).

Sia la Cina che la Russia hanno comprato negli ultimi anni grandi quantitativi di oro sui mercati di tutto il mondo, e questo proprio in previsione di uno “sganciamento” dal petrodollaro. Dopo gli Stati Uniti, i più grandi detentori di oro al mondo sono la Germania, e proprio noi, seguiti dai francesi e dagli svizzeri. Dunque noi europei siamo come una grande torta da spartirsi. Cosa ne consegue è facile da predire.

 

Da dove viene la nostra classe politica

Come dicevo alla fine chi ci rimetterà sarà in primis proprio il Vecchio continente, che non ha risorse energetiche proprie e che vedrà la sua industria ed impresa manifatturiera andare in fumo. Già si colgono chiaramente le prime avvisaglie in molti Paesi, il nostro, ovviamente manco a dirlo, fra i primi. L’inflazione ha iniziato a galoppare un po’ ovunque e alla fine il risultato sarà un autentico disastro. I governanti europei, nessuno escluso, fanno parte di quella classe dirigente o inetta (e per questo scelta per governare) o collusa, essendo cresciuta proprio all’interno delle istituzioni, scolastiche ed universitarie prima, politiche e sociali poi, delle élite che comandano il mondo. A tal proposito si veda l’ottimo libro di Davide RossiLa Fabian Society e la pandemia”.

Sono una massa di parvenu che ci governano non nel nostro interesse, bensì in quello delle élite che li hanno formati e messi al potere. Il tutto fra la colpevole distrazione della massa, assopita dietro all’ultimo modello di cellulare, o alla squadra di calcio di turno, oppure ai consigli dell’influencer (ovviamente creato/a ad arte) che propaganda beni di ogni genere di consumo, dispensando di tanto in tanto perle di saggezza politica o sociale da seguire.

Due anni di “pandemia” hanno fatto ben vedere come pochissimi individui ricchi oltre ogni limite dell’immaginabile siano riusciti a mettere gli uni contro gli altri tutto il resto dei componenti dell’umanità. E il tutto facendogli credere, attraverso i potentissimi mezzi dei media totalmente asserviti, che bisogna combattere non contro quello che una volta si sarebbe definito il “sistema”, bensì a suo favore. Ovviamente in nome del “bene comune” e per contrastare le emergenze (da loro stessi create ad hoc). Neanche la propaganda nazista era riuscita a tanto. I dittatori hanno avuto bisogno della forza per far sì che la popolazione obbedisse obtorto collo. Invece, per la prima volta nella storia dell’umanità, le vittime si sono sottoposte volontariamente ad ogni sorta d’angheria dei propri carnefici. Ripeto, per paura, per stanchezza, per vigliaccheria o per semplice accondiscendenza determinata da un’ipnosi collettiva indotta.

Direi che ben poco rimane da sperare riguardo un recupero di posizione da parte delle popolazioni mondiali. Anche se in assoluta maggioranza la posizione a cui sono arrivate è di una debolezza tale che non lascia adito alla speranza di una sollevazione generale. Le rivolte, come abbiamo purtroppo più volte visto in questo periodo (Canada, Australia, Francia… la stessa Italia), sono sempre state messe a tacere con la forza, complice anche una quieta accondiscendenza dei “ribelli” ancora illusi dal fatto che ci si possa aspettare giustizia dalle istituzioni, credendole super partes e facenti il “bene del popolo”. In realtà si è da tempo passato quel sottile confine tra il legale e l’illegale da parte di chi ci avrebbe dovuto tutelare nei confronti del potere economico. Ora è questo stesso che ha preso la parte di quello legislativo e giudiziario. E, purtroppo, non mi sembra che ci sia verso di fermarlo.

 

L’Eurogendfor

Inoltre ciò che mi sembra inevitabile è la guerra civile in diversi Paesi, perché quando i nodi verranno al pettine (e secondo me sarà molto prima di quanto si possa pensare) lo scontro sociale fra queste élite e la classe medio-bassa sarà inevitabile. Come diceva Catone il censore: “Lo stomaco non ha orecchie”. E molti saranno gli stomaci che rimarranno vuoti molto presto. Penso che a nulla varranno i tentativi di rabbonirli con una sorta di reddito di cittadinanza universale (già provato in diverse salse in diverse parti del mondo, Italia inclusa) e l’intervento della violenza repressiva sarà la sola strada per contenere la rabbia del popolo. Vi ricordate l’Eurogendfor? Probabilmente no. Si tratta di quel corpo militare istituito durante il Consiglio europeo di Nizza del dicembre del 2000 e definitivamente ufficializzato con il trattato di Velsen nel 2007, firmato quest’ultimo da Francia, Spagna, Portogallo, Paesi Bassi e, ovviamente, Italia, la cui sede è a Vicenza (dove si trova, guarda caso, una delle più importanti basi americane in Europa). Il trattato è composto di 47 articoli, e fra questi si leggono cose interessanti. I suoi compiti sono: «Condurre missioni di sicurezza e ordine pubblico; monitorare, svolgere consulenza, guidare e supervisionare le forze di polizia locali nello svolgimento delle loro ordinarie mansioni, ivi comprese l’attività di indagine penale; assolvere a compiti di sorveglianza pubblica, gestione del traffico, controllo delle frontiere e attività generale d’intelligence; svolgere attività investigativa in campo penale, individuare i reati, rintracciare i colpevoli e tradurli davanti alle autorità giudiziarie competenti; proteggere le persone e i beni e mantenere l’ordine in caso di disordini pubblici» (art. 4). Il raggio d’azione: «EUROGENDFOR potrà essere messa a disposizione dell’Unione Europea (UE), delle Nazioni Unite (ONU), dell’Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa (OSCE), dell’Organizzazione del Trattato del Nord Atlantico (NATO) e di altre organizzazioni internazionali o coalizioni specifiche» (art. 5). La sede e la cabina di comando: «la forza di polizia multinazionale a statuto militare composta dal Quartier Generale permanente multinazionale, modulare e proiettabile con sede a Vicenza (Italia). Il ruolo e la struttura del QG permanente, nonché il suo coinvolgimento nelle operazioni saranno approvati dal CIMIN – ovvero – l’Alto Comitato Interministeriale. Costituisce l’organo decisionale che governa EUROGENDFOR» (art. 3). L’EGF gode di una totale immunità: inviolabili locali, beni e archivi (art. 21 e 22); le comunicazioni non possono essere intercettate (art. 23); i danni a proprietà o persone non possono essere indennizzati (art. 28); i gendarmi non possono essere messi sotto inchiesta dalla giustizia dei Paesi ospitanti (art. 29). Come si evince chiaramente, una serie di privilegi inconcepibili in uno Stato di diritto.

Il 14 maggio 2010 la Camera dei Deputati della Repubblica Italiana ha ratificato l’accordo. Presenti 443, votanti 442, astenuti 1. Hanno votato sì 442: tutti, nessuno escluso. Se una parte delle Forze dell’ordine “regolari”, come penso, prenderà le parti degli oppressi, di chi pensate che si serviranno gli oppressori per contenere la rivolta e piegare i ribelli?

Ai posteri l’ardua sentenza.

 

* A proposito di quest’utlimo, a tutti quelli che dicono che si tratta di un Governo d’incompetenti quello che sta portando avanti l’Italia da due anni a questa parte rispondo che non è così: sanno perfettamente cosa stanno facendo (glielo dicono cosa fare) e lo stanno facendo bene. Almeno dal loro di punto di vista.

 

Libertà va cercando…

Libertà va cercando…

Marco Porcio Catone Uticense era fiero ed acerrimo nemico di Gaio Giulio Cesare. Caratteristica del personaggio era, anche a detta dei suoi nemici, di essere uomo retto, scomodo, imparziale e coerente. Talmente lo era che preferì togliersi la vita invece che accettare la grazia da parte dell'”homo novus” che avanzava, ovvero lo stesso Cesare, suo avversario politico. Per lui la libertà contava più della sua stessa vita.

Proprio per questa sua caratteristica padre Dante lo mette nel Purgatorio, e lo immortala con la famosa terzina:

…libertà va cercando, ch’è sì cara,
come sa chi per lei vita rifiuta. (Purg. I, 71).

Il concetto di “libertà” è sempre stato molto dibattuto nel corso della Storia, e la Filosofia contemporanea in particolare se n’è occupata a lungo. Per Kant la libertà riguardava un soggetto universale ed astratto, ma de-socializzato e de-storicizzato i cui  imperativi  erano totalmente astratti. Fichte, contemporaneo di Kant, capì che la libertà kantiana, presupponendo l’esistenza dogmatica della “cosa in sé”, rappresentava un presupposto  dogmatico della immodificabilità del mondo. Lui, al contrario riteneva che la libertà è sempre relazionabile alle singole situazioni,  ossia è un concetto sempre determinato. Ad esempio, per chi sta morendo di fame è poter mangiare e bere, e non “libertà di parola”. Al centro dell’analisi filosofica c’è il bene, la verità, non la libertà. Hegel di quest’ultima ne parla profusamente in diverse opere ed in particolare nei “Lineamenti di filosofia del diritto” chiarisce bene il concetto, recuperando quello di Platone ed Aristotele e inserendo l’individuo nella vita pubblica concreta. La società civile non è il luogo della competitività degli individui aventi la libertà di mandarsi in rovina a vicenda, perché per Hegel la comunità deve mettere in campo quelle radici etiche (come la scuola pubblica che deve dare pari opportunità a ciascuno di evolvere). La libertà è una relazione fra individui egualmente liberi, ma per essere egualmente liberi non basta avere la possibilità liberale di non nuocersi a vicenda, bensì ci devono essere anche i diritti di ciascuno (materielle Rechte), per primo il diritto all’esistenza, poi altri quali la sanità, l’istruzione, il lavoro (diritto-dovere quest’ultimo) e non ultimo il diritto al sostentamento. Gli individui, dunque, sono liberi nella misura in cui si realizzano nel quadro della comunità.

Il virus e la paura di morire

Per venire dunque ai nostri giorni, la massima che si sente spesso in base alla quale la “mia libertà finisce dove inizia la tua” non è che un vuoto assioma. Semmai è la tua paura che deve finire dove inizia la mia libertà. Il concetto di “libertà” viene oggi declinato come diritto di non essere contagiato, come diritto alla “salute” e non come diritto di scegliere. La salute viene messa come bene universale e necessario, scambiando un valore del singolo, o un suo bisogno psicologico, con un obbligo dell’intera comunità. Il che è un falso principio. E questo al di là dei veri e propri isterismi a cui stiamo assistendo in questo periodo, in cui stiamo vedendo scene che fino a un paio di anni fa chiunque avrebbe giudicato insensate (gente che aggredisce chi, da solo all’aria aperta, cammina senza mascherina, droni che inseguono persone in spiaggia, abusi di tutti i tipi da parte delle “forze dell’ordine”, ecc.). Ricordo solamente che in nome della libertà centinaia di milioni di persone nella storia hanno sacrificato la propria vita, mettendola al di sopra della propria incolumità o salute.

E ciononostante non si può ugualmente far assurgere la libertà a bene universale e necessario. Tu ti senti libero ad indossare un’inutile mascherina all’aperto (il virus più terribile che la storia ricordi, a detta dei media di regime, si ferma in pratica con una mutanda), quando sei distante dagli altri? Fallo pure se ti fa sentire “sicuro”, ma questo non comporta che lo debba fare anch’io necessariamente, perché non ti nuoccio in alcun modo. Se ti vuoi vaccinare, credendo che questo ti protegga dal virus, fallo pure. Questo non vuol dire che lo debba obbligatoriamente fare anch’io, visto che il “vaccino” (più correttamente farmaco sperimentale) non impedisce che un vaccinato possa trasmettere il virus agli altri, bensì, “effetti collaterali” a parte, dovrebbe innescare nell’organismo dell’individuo (tramite la famosa proteina spike) una reazione anticorpale tale da proteggerlo dal virus. Il tutto con una probabilità che ciò avvenga, che varia da individuo ad individuo e che, al massimo (a seconda del “vaccino”), può arrivare a poco più del 90 per cento dei casi. Questo senza contare il fatto che molti illustri scienziati ritengono che i dati forniti a tal proposito dalle case farmaceutiche sono ampiamente falsati.

Il vaccino panacea miracolosa

Il vaccino, questa moderna panacea contro i mali che affliggono l’umanità (non solo contro il Covid-19), è recentemente al centro dell’attenzione mediatica internazionale. Le multinazionali del farmaco in uno slancio di “generosità”, come non ce n’erano stati prima, si sono buttate a capofitto per trovare la pozione magica salvifica. E, quel che più è stato lodato, in pochissimi mesi l’anno trovata. Peccato però che non abbiano avuto, a quanto pare, l’accortezza di testare tale “arma da fine di mondo”. Un vaccino (e questi trovati non lo sono in senso stretto, perché in realtà si tratta di veri e propri farmaci) necessita di un periodo di test variabile, fino a dieci anni. Ma mai inferiore ai tre. Solo per fare un esempio l’AIDS (Acquired Immune Deficiency Syndrome), derivante dal virus dell’HIV (Human Immunodeficiency Virus), non ha a tutt’oggi visto un rimedio definitivo. E questo dal lontano 1981, allorquando venne alla ribalta per la morte sospetta di cinque omosessuali a Los Angeles (il virus aveva scelto l’uomo come suo “ospite” molti anni prima in realtà). In pratica ancora non esiste un vaccino in grado di sconfiggere questo virus. Quindi come si possa affermare che in pochissimi mesi si sia trovato il rimedio per il Covid-19 rimane un mistero, tant’è che le stesse case farmaceutiche non permettono di sapere esattamente il contenuto dei vaccini, e hanno chiesto l’immunità in caso di “eventi collaterali avversi”.

Ma servono questi vaccini? A detta di molti studiosi no. Fra i numerosi di casa nostra a sostenerlo ci sono il dottor Stefano Montanari, laureato in Farmacia con una tesi in Microchimica, e sua moglie Antonietta M. Gatti, fisico e microbiologa che si occupa da anni di nano patologie. Ma oltre a loro ci sono la dott.ssa Loretta Bolgan, laureata in Chimica e Tecnologie Farmaceutiche, con un dottorato di ricerca in Scienze farmaceutiche, e il dottor Francesco Oliverio, psichiatra e pneumologo.

D’altra parte non ci vuole un genio nel campo medico per capire che ciascun individuo reagisce tanto ai virus, quanto ai vaccini o medicinali in modo completamente differente. Quel che può far bene a te, per intenderci, può far male a me. Per questa ragione sarebbe importante, prima di iniettarsi qualsiasi vaccino, fare analisi specifiche per vedere se il nostro organismo non possa risentire del contenuto che ci andiamo ad iniettare.

Vaccino miracoloso vs aspirina

A questo proposito l’argomentazione di quanti affermano: “Eh, prendono qualsiasi medicina che nel bugiardino ha un innumerevole elenco di effetti collaterali possibili, ivi inclusa la morte, perfino nella comune aspirina, e poi non si fidano di un vaccino (sempre salvifico)”. Oppure: “Eh, ma vuoi mettere? In percentuale quante sono le possibilità che il vaccino ti possa nuocere paragonate a quelle in cui questo non accade? Non c’è paragone!”. Già, piccolo particolare, però, che anche fosse solo uno il caso avverso, già basterebbe. E questo in base a quel principio di precauzione che sembra improvvisamente essere passato di moda. Anche un solo morto deve bastare. Anche perché quel morto potremmo essere noi stessi. Riguardo alla prima “boutade” si può semplicemente far notare che mentre quando si firma un consenso per, ad esempio, farsi iniettare il liquido di contrasto per fare una TAC, cosa c’è nel liquido lo si sa eccome, ed è stato ampiamente testato. Al contrario, qui, non si sa minimamente cosa ci si sta iniettando in vena e, soprattutto, non se ne conoscono le reazioni possibili a medio-lungo termine. Inoltre qui si prospetta l’obbligo vaccinale, chiedendo nel contempo l’immunità per chi deve iniettare il vaccino. Perché mai? Basterebbe farsi questa semplice domanda per capire che c’è qualcosa che non va. Inoltre, visto che a detta della stessa OMS, il vaccino servirebbe per proteggere noi, ma non gli altri dal pericolo che li possiamo contagiare, allora perché i vaccini obbligatori? Perché dovrei iniettarmi in vena qualcosa di cui non si può sapere il contenuto (è stato firmato un contratto a questo proposito fra le case farmaceutiche e la UE e gli altri Paesi) se questo non mi consente di tornare alla vita di prima? E se io preferissi morire a causa del Covid, perché non sarei libero di farlo? Forse perché darei il “cattivo esempio” agli altri? Non voglio parlare delle famose “varianti”, che si producono proprio perché si sta vaccinando. Che non si vaccini durante un’epidemia lo dicono tutti i virologi. Questo perché con il vaccino, il virus, sentendosi attaccato dagli anticorpi, per sopravvivere muta, generando appunto le varianti (non coperte dal vaccino che è stato messo in giro per il mondo in questo periodo. A questo proposito vedetevi il video della dottoressa Bolgan messo sopra). Ma la cosa ancora più pericolosa a seguito delle vaccinazioni in atto è la possibilità della comparsa delle cosiddette “chimere”, ossia nuovi virus che con quello di partenza non hanno nulla a che vedere e che, pertanto, non si conoscono con tutte le conseguenze del caso.

Un capitolo a parte spetterebbe alle cure domiciliari, che ci sono e funzionano se la malattia viene presa nei primi stadi, ma che vengono demonizzate e messe alla berlina. Come nel caso del dottor Mariano Amici. Oppure a terapie ospedaliere come il plasma iperimmune usato dal dottor De Donno.

Eh, ma in Israele…

Israele, come il Cile e, ora, la Gran Bretagna, vengono portati come esempi di successo della campagna vaccinale mondiale. Mi soffermerò brevemente solo sul primo caso, per non allungare ulteriormente questo lungo pezzo. Israele, circa 9milioni di abitanti in tutto, ha visto salire vertiginosamente il numero delle morti proprio dopo l’inizio della vaccinazione di massa, passando a fine gennaio, dai 5mila morti per Coronavirus in tutto l’anno precedente, a circa 6mila e 200, in un solo mese, per effetti collaterali del vaccino. Ma come mai questo Paese ha deciso di vaccinare tutti in così breve tempo? Forse perché il primo ministro Benjamin Netanyahu ha firmato un contratto con la Pfizer che prevede la quasi totalità della popolazione vaccinata in pochissimo tempo? E questo in quanto che il Paese ha la singolare caratteristica di essere un caso più unico che raro, giacché la popolazione è catalogata da un punto di vista sanitario, grazie ad un gigantesco database centralizzato. In pratica i dati sanitari di ogni cittadino sono tutti registrati. Quale migliore occasione per testare un farmaco sperimentale, come in un gigantesco laboratorio con 9milioni di cavie? Neanche durante il nazismo. La storia alle volte usa la pena del contrappasso.

 

Il virus per distruggere la piccola e media impresa

Sul fatto che il virus abbia origine artificiale oramai non c’è più dubbio. Lo aveva detto il premio Nobel per la medicina Luc Montagnier, scopritore dell’HIV. E per questa affermazione era stato messo alla berlina da parte dei media di mezzo mondo (si era mostrata una sua foto, durante un’intervista, dove si vedeva una bottiglia di vino poggiata su un camino alle sue spalle. Ovviamente facendo capire che fosse un ubriacone) e da “illustri” scienziati (o presunti tali, solo per il fatto di comparire ogni giorno sui media nostrani) di parere contrario. Salvo poi “ricredersi” quando la cosa è apparsa evidente. Ovviamente si dice che il virus, in ogni caso, era probabilmente sfuggito di mano a qualche scienziato “distratto”.

Ovviamente a una “svista” neanche un bambino delle elementari crederebbe. E infatti

Ma allora il virus a cosa serve? Beh, a dirlo, senza oramai neanche più nascondersi, sono i signori dell’élite mondiale, riunitisi a Davos lo scorso gennaio. Occorre passare ad un Nuovo Ordine Mondiale. Il che vuol dire la trasformazione dell’industria classica a favore della digitalizzazione e del falso “green”. Dico falso perché, in realtà, le industrie “green” non esistono, e i loro possessori sono gli stessi che posseggono quelle “classiche” e “inquinanti”. La corrente utilizzata per caricare (dove?) le auto elettriche secondo voi da cosa è prodotta? “Beh, dall’eolico e dal solare”, direte voi. E invece no! Nella stragrande maggioranza è prodotta proprio dalle vecchie centrali a carbone o lignite (ancora più inquinante), o dalle centrali nucleari in quei Paesi che l’energia la producono anche così (come la Francia, per rimanere vicino a noi). Per fare un esempio di quanto ancora sia lontanissimo il “miraggio” della corrente prodotta dall’eolico e dal solare basti pensare che la Germania, Paese che dell’eolico in particolare ha fatto un vero e proprio vessillo dopo la cosiddetta dell’Energiewende (la svolta energetica con l’abbandono del nucleare) decisa nel 2011 dopo il disastro di Fukushima, in Giappone, produce solo il 25 per cento circa del suo fabbisogno energetico da questo settore. Eppure la “locomotiva d’Europa” è disseminata di pale eoliche. Per non parlare del fatto che non esistono ancora batterie atte a conservare l’energia prodotta per lungo tempo, prima di essere utilizzata. Ogni anno l’asticella del raggiungimento degli obiettivi auto-stabiliti (a parole) della limitazione delle emissioni dannose nell’aria viene spostata sempre più in là, perché non vengono mai rispettati. E ora si sta pensando di tornare al nucleare con i reattori a doppio fluido, ossia quelli che sono montati sui sottomarini ad energia nucleare. Nel mondo ancora i prodotti energetici chimici del carbone, del petrolio e del gas forniscono più di quattro quinti dell’energia per l’umanità (81,1 per cento).

Tuttavia il virus serve a favorire un cambiamento a favore della grande produzione. La piccola e media impresa dovrà sparire dalla faccia della terra, tranne qualche piccolissima nicchia di eccellenze di cui anche le élite economiche del pianeta si vogliono servire perché sarebbe impossibile stravolgerne la produzione senza intaccarne la qualità. Tutti gli altri o si dovranno adeguare, facendosi inglobare dalle multinazionali, oppure saranno strozzati e poi comprati per due soldi. Dovranno rimanere solo i grandi gruppi. Tutto è stato ben calcolato, minimo dal 2015, ma secondo me da ben prima. Alla fine la gente, stremata dalle non casuali chiusure ad organetto, o lockdown per usare un termine “moderno”, che altro non servono che a far fallire le piccole medie aziende appunto (e non per la salvaguardia sanitaria della popolazione. Qui al minuto 2:47 circa), sarà costretta in un primo momento a vendersi ciò che ha risparmiato per sopravvivere. Poi, finiti i soldi, per evitare inevitabili ribellioni, verrà concesso dalle élite un obolo, o reddito universale di cittadinanza che dir si voglia, per sopravvivere e con cui comprare i prodotti che le stesse élite producono. Le proprietà private, altra cosa a cui mirano, non dovranno più esistere e tutto dovrà essere affittato dai grandi gruppi. Per questa ragione viene propagandata in continuazione dai media di regime la storiella (peraltro falsa e smontata in poco dalla Rete) che le vecchie professioni rendevano “infelici” gli individui, che invece ora, con la pandemia, sono costretti a fare lavoretti da studentelli liceali per quattro soldi, ma ovviamente“felici”. Come i servi della gleba di una volta. Tutto questo è stato ben chiarito dalla monetarista Nicoletta Forcheri.

Il virus come metodo d’educazione

Bisogna “abituarsi” all’idea del virus. E per farlo, oltre ai vaccini, servono quei feticci che sono le mascherine, oltre al “distanziamento sociale” (parole non casuali, usate invece di distanziamento fisico). Gli individui che “lavorano da remoto” (quelli che lo possono fare) sono isolati e più deboli, proprio perché divisi. Sono anche controllabili, perfino con software appositi, come mette ben in evidenza lo storico e docente di Filosofia Pietro Ratto. Inoltre la censura cade come una mannaia su chiunque tenti di rompere il muro d’omertà che è stato creato attorno alla narrativa del Covid o metta semplicemente in dubbio il pensiero del mainstream. Io stesso, nel mio piccolo, sono stato più volte censurato da Facebook, con minaccia di chiusura del mio account per “violazione delle norme della community” (non specificate ovviamente). Proprio per questa ragione ho deciso di acquistarmi uno spazio web indipendente, o meglio tale finché i server che mi ospitano lo permetteranno. Se date fastidio, a qualsiasi titolo, nel mondo del digitale basta un click per farvi sparire. Esemplari le chiusure prima degli account Twitter e Facebook di Donald Trump, quando ancora era Presidente, o la cancellazione (poi ritirata) del canale Youtube di RadioRadio o quella più recente del canale di Byoblu (a quanto sembra definitiva). Google, il più potente motore di ricerca usato al mondo, potrebbe farvi sparire dai risultati di ricerca o celare a voi informazioni che state cercando.

Pensateci, un domani potreste essere voi la prossima vittima senza più voce per esprimere il vostro pensiero. È sempre una questione di… libertà.

 

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Everybody lies