Vot’Antonio, vot’Antonio!

Vot’Antonio, vot’Antonio!

Quando ero giovane, tra gli ultimi anni del liceo e quelli universitari, avevo un amico fraterno con il quale condividevo l’amore per la conversazione. Parlavamo per ore praticamente di tutto: dai sentimenti alle scelte difficili da prendere, dai progetti per il futuro alle nostre speranze, dalla Filosofia alla Politica. C’era solo un problema: io ero un ragazzino ancora dalle idee confuse, almeno in campo politico, mentre il mio amico le aveva molto più chiare delle mie, o almeno così a me sembrava.

Fu proprio durante le nostre lunghe conversazioni che io, pian piano, “maturai” le mie convinzioni politiche passando da posizioni “centriste” (più che altro influenzate dall’ambiente impiegatizio familiare) a convinzioni di “sinistra”. Tuttavia la differenza tra le mie posizioni e quelle del mio amico rimaneva grande: io avevo una visione, per così dire, di social democrazia, confondendo il mondo della Grecia antica (che tanto amavo) con quello moderno della “democrazia rappresentativa”. Il mio amico, invece, sembrava non credere al “sistema” ed aveva posizioni “extra-parlamentari” che io all’epoca giudicavo troppo “estremiste”. Nel corso di pochi anni, comunque, spostai le mie convinzioni fino a finanziare, da studente universitario squattrinato, il giornale “Lotta comunista” del quale iniziai a sposare le convinzioni politiche (almeno quelle dei suoi intellettuali). Tuttavia continuavo, illudendomi, a credere nei valori che mi erano stati inculcati e, pur annullando la scheda elettorale (non sentendomi minimamente rappresentato), continuavo ad andare al seggio elettorale, ritenendo che il voto rappresentasse ancora un “segno di democrazia” irrinunciabile.

Col passare degli anni ho capito che l’esercizio del voto, tanto bello sulla carta, poco ha a che fare con ideali democratici egualitari. Il voto, al contrario, è un potente strumento di legittimazione del potere. Anzi, lo è sempre stato.

 

Vota Antonio la Trippa

Le ragioni per le quali i partiti politici e i mass media insistono così tanto all’unisono che voi andiate a votare sono principalmente due. La prima, la più evidente, riguarda tutta quella pletora di omuncoli e nani da circo che campano facendo i maggiordomi del vero potere, quello economico-finanziario, all’interno dei parlamenti: “Tengo famiglia” si sarebbe detto una volta. Oggi, semplicemente, questa schiera di parvenu campa solo grazie alle prebende che le derivano dalle cariche ricevute all’interno dei partiti e degli incarichi istituzionali ricoperti. Ad eleggerli, il più delle volte, non è il voto degli illusi che ancora pensano che l’urna possa far cambiare la rotta prestabilita della politica, bensì la decisione presa dai partiti stessi che scelgono chi candidare e in che posizione mettere i singoli individui negli elenchi delle liste elettorali. In pratica a decidere chi dovrà sedere sopra una determinata poltrona non sono i cittadini con il loro voto, ma i giochi di potere (spesso di piccolo cabotaggio) all’interno delle segreterie e delle correnti politiche. Diverse migliaia di euro al mese, privilegi che un cittadino medio non si sogna minimamente di poter ricevere in tutta la sua vita e un vitalizio assicurato anche solo dopo una legislatura passata a fare il passacarte in qualche “sacro” emiciclo sono una ragione più che sufficiente affinché vi martellino dalla mattina alla sera con il messaggio dell’importanza del vostro voto. Ma non è né la sola, né a mio parere la principale.

In effetti chi è veramente preoccupato dal fatto che la massa possa disertare le urne è chi detiene il vero potere e che il “sistema” ha creato e mantiene attraverso tutta una massa di istituzioni e servizi preparati apposta per la sussistenza del medesimo. Non solo apparati burocratici, ma anche apparati dell’informazione che martellano dalla mattina alla sera il cittadino, il suddito per meglio dire, con slogan e surrettizi ragionamenti atti appunto a spingere le pecore a legittimare il sistema stesso, in questo caso con il voto. Se per assurdo nessuno si recasse alle urne ciò significherebbe non solo la completa eliminazione dalla scena politica e sociale di tutto quell’ammasso di servi e servetti di cui sopra, ma, soprattutto, un disconoscimento totale del sistema in sé. Il re sarebbe a quel punto “nudo”. È un po’ come per la storia della Pandeminchia e dei vaccini. Se nessuno li avesse fatti tutta la pantomima che ne è seguita e tutti gli attori in essa coinvolti sarebbero svaniti in pochissimo tempo. E forse oggi ci sarebbero ancora persone che, purtroppo, ci hanno lasciato più o meno prematuramente. In quel caso gli “anarchici” erano quanti, medici e ricercatori seri in testa, hanno lanciato un grido d’allarme circa quanto stava avvenendo e a quali conseguenze si sarebbe potuti andare incontro (come poi, puntualmente, è avvenuto). Sarebbe bastato esercitare un ragionevole dubbio per capire che la strada che ci stavano facendo intraprendere ben poco aveva a che vedere con il “nostro” bene. Ma si sa, il “sistema” adopera proprio le emergenze, vere o fittizie che siano, per spingere le persone a credere a soluzioni da lui stesso proposte (e messe in atto comunque). L’emergenza serve proprio per dare la legittimazione a quanto messo in atto. Si vedano ad esempio tutte le misure messe in atto “per il nostro bene” dopo l’altra pantomima, quella (tragica anch’essa per chi l’ha vissuta sulla propria pelle) dell’11 settembre 2001. Una volta deciso che tutto il mondo avrebbe dovuto adottare misure “anti-terrorismo” non sono state più tolte. Vedasi ad esempio quelle negli aeroporti e le centinaia di telecamere che ci controllano a vista dalla mattina alla sera ovunque.

Le elezioni funzionano allo stesso modo: si lancia l’allarme dell’astensionismo e ciò che potrebbe comportare, inventandosi appositi slogan, come dicevo sopra, del tipo: “Se non voti, comunque la tua astensione permetterà agli altri di raggiungere il quorum per essere eletti”; oppure: “Occorre essere responsabili in un momento in cui la democrazia è da più parti messa in pericolo”. Già, la democrazia è messa in pericolo. Se ce ne fosse una! E in ogni caso bisognerebbe vedere da parte di chi.

Il famoso adagio attribuito a Mark Twain “Se votare facesse qualche differenza, non ce lo lascerebbero fare” ha un fondamento che va al di là del senso comune. Il sistema prevede tutto pur di mantenere il potere e di perpetuare la propria esistenza. Come rimarcava giustamente Ernst Jünger nel suo “Trattato del Ribelle” il totalitarismo del sistema deve prevedere anche un finto, piccolo spazio per un’opposizione, proprio per giustificare e legittimare la sua soverchiante totalità. Allora, come scriveva l’autore tedesco, bisogna avere il coraggio di ribellarsi, di “andare nel bosco”, che è l’esatto contrario dell’indifferenza. Nel bosco si è soli, ma si è liberi e disposti alla lotta, alla ribellione. «La violazione del diritto assume talvolta apparenza di legalità, per esempio quando il partito al potere si assicura una maggioranza favorevole a modificare la Costituzione. La maggioranza può contemporaneamente agire nella legalità e produrre illegalità: le menti semplici non afferrano mai questa contraddizione. Eppure, già nelle votazioni, molto spesso è difficile stabilire l’esatto confine tra diritto e arbitrio.».

 

Fenomenologia di una nazione in declino

Piccola digressione finale che, in parte, ha a che vedere con quanto scritto finora. In Germania, in questo periodo elettorale, si stanno susseguendo una serie di “misteriosi” atti di violenza (più o meno annotabili) nei confronti principalmente di esponenti politici della SPD o dei Verdi. Ma tu guarda un po’ il caso, proprio in prossimità della tornata elettorale. Sempre al margine della stessa occorre rimarcare che degli otto principali partiti che si presentano per uno scranno europeo i solerti media tedeschi hanno deciso di escludere il crescente (almeno nei sondaggi) da poco nato partito Bündnis Sahra Wagenknecht, ossia “Alleanza Sahra Wagenknecht”, la ex deputata della Linke (della quale ho più volte scritto che a mio parere è il solo vero politico tedesco rimasto all’interno del Bundestag) dai dibattiti pubblici televisivi. Questo sempre per favorire il processo democratico, s’intende.

Eh, quanto è bella la democrazia anche in Kruchland! Così bella che i politici tedeschi, dopo che gli hanno distrutto ben due gasdotti, la fonte primaria d’energia per l’ex “locomotiva d’Europa”, e che ora sono costretti a comprare il gas sottobanco e per vie traverse a prezzi molto più alti sempre dalla Russia (oltre a quello a buon prezzo -si capisce l’ironia?- dagli Stati Uniti) di cosa si occupano in questi giorni? Ma ovvio, del rincaro dei prezzi del Kebab! Un fatto gravissimo, soprattutto per i più giovani (noti consumatori di cibo spazzatura, per l’appunto). Il fatto è tanto grave che se n’è occupato anche il Cancelliere Scholz in persona impegnandosi a farlo tornare a prezzi più ragionevoli, ossia sui 3 euro. Tanto vale la democrazia oggi.

Dei Vannacci e Toti di turno da noi non voglio nemmeno fare un cenno.

Mi raccomando, continuate a votarli!…

 


Gli onorevoli © Youtube Roberto Molfetta

 

Come parla? Le parole sono importanti!

Come parla? Le parole sono importanti!

“Come parla? Le parole sono importanti!” diceva, anzi urlava, Michele Apicella ad un’attonita intervistatrice (Mariella Valentini) in “Palombella rossa”. Ed aveva ragione. Le parole sono effettivamente importanti e pregne di significato. Il loro utilizzo può essere fonte di comprensione, malintesi o perfino una vera e propria arma utilizzata a scopo manipolatorio.

Questo appare chiaro soprattutto nel linguaggio comunicativo, che nel corso degli anni è stato volutamente cambiato. Oggi sono all’ordine del giorno, ovunque, termini come “resilienza” oppure “sostenibilità” (e relativi aggettivi, applicabili alla qualunque). La cosa non è di poca importanza ed è stata fatta artatamente. Resilienza è esattamente l’opposto di resistenza. Una volta si adoperava veramente di rado tale termine e per mettere in rilievo la caratteristica tipica della flessibilità contrapposta alla rigidità. È resiliente una canna di fronte alla potenza del vento di un uragano. Il giunco si piega e non offre “resistenza” alla forza impari delle folate d’aria che viaggiano a velocità elevatissima, proprio per non spezzarsi e volare via. Ma qui il concetto è fra due entità di grandezza incomparabile: il piccolo e debole giunco da una parte, la enorme forza e velocità del vento dall’altra. Questo è il vero significato da attribuire a tale termine. Oggi, invece, lo si è volutamente diffuso per stare a significare che chiunque, difronte alle difficoltà o calamità in cui può imbattersi, può risultare vincitore proprio in virtù di tale caratteristica. Meglio fingersi morti, senza combattere, come fanno alcuni animali quando sono sotto attacco da parte di rivali molto più forti. Si utilizza quindi questa sorta di linguaggio “fluido” per esprimere un concetto che non è proprio del termine, ossia resistenza ad un evento catastrofico esterno. Bisogna essere “fluidi” per resistere. Anche nella fisicità. Di qui il passo al “gender fluid”, un essere senza un’identità precisa, né donna né uomo né omosessuale (o ermafrodito per includerci anche un altro genere sessuale già noto da migliaia di anni). La fluidità, quindi la non identità per eccellenza, diventata sinonimo di modello ideale della società moderna, e anche per tale modello si crea un linguaggio apposito (vedi l’utilizzo della cosiddetta “schwa“, la “e” rovesciata “ә“). Dunque, se si è “resilienti” non si è “resistenti” nei confronti del “sistema”.

Come dicevo prima, altro termine principe dei tempi che stiamo vivendo è “sostenibilità”. Se leggiamo nel vocabolario Treccani (sulla cui evoluzione nel corso del tempo bisognerebbe scriverne a parte, ma non in questa sede) sotto questa voce troviamo scritto: «sostenìbile agg. [der. di sostenere]. – 1. a. Che si può sostenere: una tesi difficilmente sostenibile. b. Che può essere affrontato: una spesa s.; questa situazione non è più sostenibile. 2. estens. Compatibile con le esigenze di salvaguardia delle risorse ambientali: energia s.; sviluppo s., locuzione con la quale si indica una strategia di sviluppo tecnologico e industriale che tenga conto, nello sfruttamento delle risorse e nelle tecniche di produzione, delle condizioni e delle compatibilità ambientali».

Dunque quello che una volta era solo un significato per “estensione” di quello originario, derivato dal latino (“sub” e “tenere”, cioè tengo da sotto, sostengo, supporto), è diventato al giorno d’oggi il significato primario del termine. O meglio, lo hanno volutamente fatto diventare tale. Tutto deve essere “green”, verde, pulito. A partire dall’energia, anche quella usata per muovervi.

 

L’ambito sociale

Ma non basta. Il vostro stesso agire nell’ambito sociale deve essere “sostenibile”. Comprate un biglietto di aereo? Avete colpevolmente contribuito all’emissione di CO2 nell’atmosfera e quindi dovete abituarvi all’idea che in un prossimo futuro ciò non vi sarà più permesso senza pagarne uno scotto tanto in termini di denaro, quanto di libertà di movimento. Tutto questo, ovviamente, al netto del fatto che nessuno dichiara i principi in base ai quali sareste colpevoli di tale “misfatto” (come avreste in pratica fatto ciò), né che l’anidride carbonica “naturale” nell’atmosfera è di gran lunga superiore a quella prodotta per cause antropiche ed è per giunta necessaria al tanto citato (spesso a sproposito e senza cognizione di causa) ambiente. Di esempi se ne potrebbero fare a bizzeffe: uno per tutti le operazioni bancarie che effettuate online. L’utilizzo del vostro pc o smartphone per tali operazioni (un bonifico, un estratto conto, ecc.) comporta un certo quantitativo di emissioni di CO2 a voi imputabili, quindi per questo dovrete presto “pagare” (sempre nei termini citati sopra).

Dunque sì, le parole sono importanti e, come abbiamo visto, non vengono usate a caso. Il linguaggio viene lentamente cambiato nella società, in modo che ad esso ci si abitui lentamente (finestra di Overton), a partire dai libri di testo nelle scuole. Queste ultime sono oramai ridotte a succursali del “sistema” e non servono ad altro se non a veicolare alle nuove generazioni (perfino quelle troppo piccole per essere indottrinate attraverso gli onnipresenti smartphone) tale nuovo modo di “leggere la realtà” attraverso le parole e gli esempi (anche visivi).

Il cambiamento del linguaggio avviene anche a livello istituzionale. Lo si è visto bene durante il periodo della “pandemia”. Le decisioni prese non dovevano ricadere sulla responsabilità specifica (seppure queste sono state a livello locale ben evidenti) del singolo individuo o governante di turno, bensì sulla necessità dovuta al corso degli eventi. Di qui l’utilizzo massiccio del “si” impersonale: “si è deciso”, “si rende necessario”, “si consente”, ecc. ecc..

Come diceva Martin Heidegger in “Essere e Tempo” l’utilizzo del “si” nella comunicazione, per esprimere decisioni o imposizioni fatte percepire come inevitabili, serve per privare l’essere umano della sua caratteristica progettualità e per spingerlo verso la massificazione e l’appiattimento, facendogli percepire che egli non ha nessuna libertà di scelta. La prima forma di lotta verso la libertà di scelta infatti arriva già nel linguaggio, proprio perché delle decisioni arbitrarie ti vengono presentate come già prese, e a chi dissente rimane solo la disobbedienza.

Tutto ciò sarebbe già sufficiente per capire la gravità della situazione e ciò che ci aspetta in un futuro prossimo, anzi nel nostro presente. Tuttavia non c’è solo questo.

 

ChatGPT

Il “sistema” utilizza la tecnologia, la “tecnica” come avrebbe detto Galimberti quando ancora (spiace dirlo) non si era bevuto il cervello, per assoggettare l’uomo, i giovani in primis. E quale migliore strumento se non l’Intelligenza Artificiale per compiere tale operazione? ChatGPT come fonte del sapere, facile, rapida, e soprattutto gratis!

I giovani (ma non solo) la usano oramai quotidianamente, anche per svolgere i compiti loro assegnati dagli insegnanti. La macchina (opportunamente istruita attraverso algoritmi) ti dice esattamente quello che dovresti scoprire o fare tu attraverso lo studio ed il sacrificio. Il risultato è un concetto che non è proprio di chi lo dovrebbe elaborare, ma qualcosa che viene ripetuta a pappagallo, senza alcuna mediazione critica del soggetto percepiente. La macchina pensa per noi e ci suggerisce quello che dobbiamo dire e come ci dobbiamo comportare. Il migliore dei mondi possibili, per il sistema.

Soluzioni? Francamente non ne vedo alcuna all’orizzonte. Chi ha la coscienza di ciò che sta avvenendo può parare i colpi inflitti ovunque tutt’intorno, al meglio o alla peggio. Per tutti gli altri, essendoci immersi fino al midollo, non vedo soluzioni atte a farli “svegliare”, fermo restando che il “dialogo” non serve a niente, tantomeno a convincerli altrimenti da quanto assorbono quotidianamente. La lotta è impari, personalmente passo la mano.

Auguri a tutti! Per il futuro e per il nuovo anno.

 

P.S.: Dopo questa più o meno lunga disamina avrei voluto parlare del nostro amato Paese, Italialand e delle tante “armi di distrazione di massa” di quest’ultimo periodo (dal caso Cecchettin e patriarcato annesso, al Mes e la Meloni, per finire con la Ferragni). Purtroppo, o forse meglio per voi, mi sono dilungato troppo in questa chiacchierata. De “Nella tana del Bianconiglio” (così avevo intitolato l’articolo) ne parlerò (forse) un’altra volta.

 

Ma come parla? Le parole sono importanti!

© Youtube Amazon Prime video

Intermezzo

Intermezzo

Tema

Allora bambini, prendete carta e penna e scrivete: il candidato provi ad ipotizzare un sistema per poter ottenere una società con un numero di individui strettamente necessario allo svolgimento delle mansioni non automatizzabili attraverso la tecnologia, totalmente sottomessi e controllati, che permetta al contempo di massimizzare le perdite ed ottimizzare i guadagni.

Si tengano presenti le eventuali inevitabili difficoltà logistiche e gli imprevisti sia di carattere materiale (carenza momentanea di approvvigionamento di mezzi e materiali di produzione, possibili perdite di questi ultimi per guerre, sabotaggi e cose simili), sia di carattere “umano” (possibili rivalità fra i soggetti esecutori o piccole sacche, inevitabili, di ribellione).

Il candidato ha mezz’ora di tempo da adesso per svolgere l’elaborato. È consentito l’utilizzo della più fervida fantasia nello svolgimento, tanto si tratta solo di una ragionata ipotesi di lavoro.

 

Svolgimento

Qualcuno di voi ricorderà di sicuro la famosa Spectre, quella vera e propria associazione a delinquere che per lungo tempo è stata uno dei principali antagonisti di James Bond, l’agente dei servizi segreti britannici con licenza di uccidere uscito dalla penna di Ian Fleming. Sembra quasi che gli sceneggiatori dell’epoca avessero precorso gli attuali tempi. O forse proprio ad un’associazione reale, già allora esistente, si erano ispirati.

Una volta, forse, erano le cosiddette “Sette Sorelle”, ossia le maggiori compagnie petrolifere dei tempi di Enrico Mattei (che coniò tale locuzione), oggi sono i grandi fondi d’investimento: Black Rock, Vanguard, State Street, solo per citare i più grandi.

Questi ultimi sono veri e propri colossi in grado di spostare le politiche economiche, sociali e militari di intere nazioni. Le intelligence internazionali supportano la palese importazione forzata in Europa di centinaia di migliaia di musulmani attraverso le famose ONG soriosiane. Come ho più volte sostenuto questo viene fatto non per ragioni economiche, di sostituzione di manodopera (di cui non hanno assolutamente bisogno*) per i fabbisogni produttivi di diverse nazioni europee, Italia in testa, bensì per formare un sostrato sociale potenzialmente esplosivo. Questo si sta palesando ora, con la guerra scatenata da Israele in Palestina**. Più che prevedibili le proteste, prima, gli attentati potenziali, poi.

Fin dalle Guerre Napoleoniche, passando per la formazione dei vari Stati nazionali e per la Rivoluzione Russa, approdando infine alle prime Due Guerre Mondiali, i grandi capitalisti (leggi le solite famiglie) hanno sempre finanziato entrambe le parti in causa. In pratica, chiunque fosse il vincitore sul campo, loro hanno sempre tratto vantaggi economici e politici enormi. In questa Terza Guerra Mondiale, che stiamo vivendo un po’ a tozzi e bocconi, è esattamente la stessa cosa. Il tutto preparato con larghissimo anticipo e sempre in funzione del maggior guadagno possibile: in questo caso il controllo totale sulle masse a livello mondiale.

Ora è senz’altro più chiaro lo scenario che è stato preparato. Una guerra in Medio Oriente significherebbe la totale prostrazione economica e sociale di quello che rimane dell’Europa. Oltre ai disordini sociali innescati in modo specioso o sorti in modo spontaneo, la crisi energetica (e di conseguenza economica) sarebbe di una portata devastante, al cui confronto le attuali difficoltà economiche sarebbero solo un gioco per bambini. Questo per non parlare delle decine, se non centinaia di migliaia di potenziali vittime che sul campo di battaglia pagherebbero un prezzo ancora più grande in prima persona. Popolazioni già duramente messe alla prova da situazioni politiche ed economiche che si protraggono da anni in quella regione del mondo, vedrebbero arrivare un epilogo ancor più devastante. Il tutto senza tenere in conto una possibile escalation militare fra “forze occidentali” (Nato, Israele e alleati vari) e “orientali” (Cina, Russia, Iran e alleati vari). La possibilità di una guerra fatta anche con armi atomiche a basso potenziale non è affatto da escludersi, purtroppo.

Alla fine, “cui prodest scelus, is fecit” diceva Seneca nella sua “Medea”. L’ho già scritto chi è il beneficiario di questo sfacelo. Ma siccome io volo di fantasia, arrivo a dire che al di sopra di questi gruppi di potere finanziario guidati dalle solite famiglie c’è un livello ancora. Di questo, però, non voglio assolutamente parlare, perché come ebbe a dire Tommaso Buscetta, durante il Maxiprocesso del 1996, riguardo le rivelazioni che fece al giudice Falcone nel 1984 circa i rapporti tra la Mafia e i politici lui non parlava, perché non voleva perdere di credibilità come pentito (i rapporti erano tali che nessuno gli avrebbe mai creduto. Almeno all’epoca). Ecco, per quel poco che ancora presso alcuni godo di credibilità e sanità mentale, non voglio passare anche quest’ultimo Rubicone.

 

Intermezzo da Cavalleria rusticana © Youtube Charlotte Church

 

 

* Non ne hanno bisogno per la semplice ragione che: a) delle singole economie nazionali non gliene importa assolutamente nulla. Anzi, se uno Stato, come ad esempio il nostro, è in crisi economica totale o fallisce, non possono che essere felici, acquistando quel poco che rimane di beni e servizi, privati e pubblici, per due soldi; b) inoltre non ne hanno bisogno perché oggi la produzione (e lo sarà sempre più) è per lo più robotizzata, e l’apporto umano è sempre più residuo e superfluo. Importare centinaia di migliaia di “schiavi” a basso costo non gli serve di certo per sostituire posizioni lavorative che già non esistono più di loro o per raccogliere qualche quintale di pomodori d’estate. Se pure un immigrato entrasse seriamente a far parte del circuito produttivo di un Paese, ciò non avverrebbe prima di diversi anni, e questo non serve di certo per salvare le attuali già asfittiche economie del Vecchio continente.

** Se si vuole approfondire seriamente il tema della nascita dello Stato ebraico si ascoltino queste due conferenze tenute da Paolo Barnard, quando ancora faceva il giornalista (qui e qui).

Procede tutto come previsto

Procede tutto come previsto

Confesso la mia passione giovanile per le saghe di fantascienza. In particolare ricordo una frase detta dal “cattivo” per eccellenza della saga di Guerre stellari, l’imperatore Sheev Palapatine (alias Darth Sidious o Lord Sidious) pronunciata in una scena del sesto episodio (terzo film della serie, girato da Richard Marquand) “Il ritorno dello Jedi”, mentre conversava “amabilmente” con un altro dei personaggi iconici della storia, Dart Vader (nel doppiaggio italiano tradotto Fener): “Everything is proceeding as I have foreseen”, ossia “Tutto procede come avevo previsto”.

Questa frase la potrei pronunciare io in base a ciò che avevo scritto in diversi miei articoli già molto tempo fa, oppure, in modo più appropriato, è ciò che m’immagino che si dicano tra di loro i veri fautori del cambiamento epocale che stiamo vivendo (o subendo, dovrei dire). Già, perché le cose non potrebbero andargli meglio.

Tra finti (o appositamente provocati) “cambiamenti climatici”, guerre “false” che altro non servono se non a contribuire alla distruzione dell’economia europea, deportazione di massa di “profughi” che altro non servono (o serviranno) a contribuire a destabilizzare ancor più da un punto di vista soprattutto sociale i Paesi europei (Italialand in primis) già duramente fiaccati da sanzioni (vere o false), provvedimenti vessatori di diverso genere imposti dall’apparato marionetta burocratico di Bruxelles e Francoforte, e ritorni di finte pandeminchie, adattate con nuove varianti di malattie, direi che se fossi al posto loro non potrei che congratularmi con me stesso. Fin qui hanno fatto un ottimo lavoro, ovviamente dal loro punto di vista. Per non parlare di quanto stanno mettendo in opera per il controllo sociale, attraverso la digitalizzazione della moneta e dei dati di tutte le pecore (noi) governate attraverso la tecnologia, il cui strumento principe, come ho già scritto più di una volta, è il nostro oramai inseparabile smartphone.

 

Eh, ma i BRICS…

Dunque una tragedia? “Ma no!”, sostengono gli ottimisti. “Ci sono i BRICS, c’è Donald Trump, c’è Putin…”. Insomma ci sono i “salvatori della Patria” che combattono dalla nostra parte. Almeno questa è la narrativa portata avanti da molta gente facente parte della cosiddetta “contro-informazione”, come ad esempio Cesare Sacchetti con il suo “La cruna dell’ago”. Sospendo il giudizio sull’autore, anche se una mia opinione su di lui me la sono più o meno fatta nel corso del tempo. Certamente ciò che trovo poco credibile è la sua narrazione circa la nascita dei BRICS e la figura di personaggi come Trump e Putin. Al contrario trovo imprescindibile per capire l’interconnessione esistente tra i vari gruppi di potere mondiali l’ottimo blog The mirror truth, che riporta con analisi dettagliate i profondi legami tra l’alta finanza dei soliti noti e i potentati economici mondiali, quelli dei mandarini cinesi inclusi.

Figure come quella di Donald Trump o Elon Musk sono considerate, come dicevo, da parte della cosiddetta contro-informazione come quelle di paladini a cui far riferimento per pensare ad un mondo “vecchia maniera”, come quando sembrava a noi tutti che le cose “fossero normali”. In realtà loro, come lo stesso Putin (vero o sosia che sia), fanno parte, tanto quanto i vari Biden, Trudeau, Sunak, Von der Leyen & Co., della massoneria, solo però in logge avversarie a quelle di questi ultimi.

Tralascio la figura di Putin, perché sarebbe troppo lungo delinearla qui. Trump, che oltre alla famosa storia della sua catena alberghiera salvata dal fallimento grazie all’intervento di una piccola banca di proprietà dei soliti Rothschild (storia molto ben raccontata da Pietro Ratto nei suoi libri “I Rothschild e gli altri” e “Rockefeller e Warburg, le famiglie più potenti della terra”), ha stretti legami, attraverso il genero Jared Kushner con la comunità ebraica cashidica, nonché proprio tramite quest’ultimo ed il figlio Donald Jr., è legato al gigante Blackrock, quindi di nuovo ai Rothschild. Mi voglio soffermare un pochino di più su Musk, da tutti visto come un visionario un po’ pazzoide e genialoide.

 

La mobilità “green”

Tra le tante attività del vulcanico personaggio c’è quella, come tutti sanno, dell’imprenditore, ed in special modo quella di costruttore di auto elettriche con il marchio Tesla. Ma la produzione di auto elettriche ha in sé qualcosa che non torna affatto. Personalmente ho intervistato un operaio della sede berlinese di questa fabbrica di automobili, incuriosito dai metodi, le quantità e le tempistiche di produzione (a Berlino, in particolare, si produce il modello Y della gamma). Ebbene, con mio sommo stupore ho scoperto che ogni giorno lo stabilimento di Musk sforna circa 1.000/1.200 auto (una ogni 45 secondi, secondo un ciclo di produzione H24 suddiviso in tre turnazioni di lavoro, da 8 ore ciascuna). Ovviamente il numero di vetture prodotte, che si vorrebbe portare ad una ogni 40 secondi, dipende da inconvenienti che possono capitare in catena di montaggio. Tradotto tutto ciò vuol dire che al ritmo attuale di produzione lo stabilimento sforna ogni mese circa 36mila vetture, ossia 432mila all’anno. Se si scendesse come tempo di realizzazione ad una ogni 40 secondi (in Asia già producono al ritmo di una ogni 35 secondi), vorrebbe dire una produzione media di 720mila veicoli all’anno. E questo solo per il modello Y.

Ora, calcolando che, secondo il Sole24 Ore, la produzione di auto elettriche BEV (Battery Electric Vehicle, quindi non ibride) venduta lo scorso anno in Europa ammonta a 1,56milioni di unità (di cui Tesla appunto con il suo modello Y la fa da padrone con 137mila veicoli venduti, seguita dall’altro suo Modello 3 con 91.500 veicoli venduti) e con un ritmo di produzione sempre in crescita (almeno stando alle previsioni) la domanda sorge spontanea, come avrebbe detto Catalano: ma con tutte queste auto elettriche prodotte, cosa pensano di farci? Questo quesito nasce anche dalla considerazione che il terzo modello venduto è risultato essere l’ID.4 della Volkswagen, ma con solo 67.500 immatricolazioni e tutti gli altri modelli a calare. Per non parlare del fatto che il prezzo medio di una Tesla Y va dai 50 ai 60mila euro circa. Quanti europei si potranno permettere il lusso di lasciare le proprie “vecchie” auto a combustione, magari comprate solo un paio di anni fa, in favore di un veicolo elettrico?

Tutto questo per non dire della “presunta” convenienza dell’elettrico, sia in quanto a costi di produzione e rendimento energetico, sia in quanto a possibilità reali di produzione di “energia pulita”. A tal riguardo molto interessanti sono le considerazioni fatte dall’ingegner Fabio Castellucci (le potete trovare in diverse interviste online: ad esempio qui o qui).

A mio parere troveranno quindi una qualche forma di “incentivi” per far passare forzosamente alla mobilità elettrica, magari rendendo di fatto impossibile sostenere economicamente i costi di un’auto “tradizionale”, offrendo nel contempo la meravigliosa possibilità di usufruire di una BEV (e quindi del potersi spostare con un mezzo “proprio”) in cambio dell’ennesima dose di vaccino o della definitiva abdicazione della privacy. Il tutto nell’ottica del massimo spostamento consentito nelle “città da 15 minuti”, quindi perfette per la scarsa autonomia della mobilità elettrica. In pratica ve ne dovete stare in recinti cittadini, dove potete essere facilmente controllati. Il tutto sempre con la scusa della “salvaguardia dell’ambiente”. In pratica avremo una massa di persone convinte che il mondo sta morendo a causa della scelleratezza umana. A tal uopo hanno creato una massa di giovani generazioni di “dementi per il clima”, i quali, tra una secchiata di vernice ad un’opera d’arte o un monumento e un’incollata d’arti all’asfalto cittadino, pensano di salvare il pianeta. Il tutto rimproverandovi, voi sporchi automobilisti di Panda inquinanti! Tralasciando il fatto che nel medesimo tempo i potenti della terra si riuniscono periodicamente in luoghi favolosi del pianeta per dire a noi tutti come dobbiamo comportarci per non inquinare, mangiando grilli e carne sintetica, mentre loro si spostano esclusivamente con jet privati, mangiando manicaretti assai costosi, prodotti e cucinati alla “vecchia maniera”.

 

Il meraviglioso mondo di Italialand

Dunque, mentre i destini del mondo passano attraverso la “finta” guerra ucraina, l’ennesimo rigurgito di pandeminchia, i “cambiamenti” climatici, l’immissione forzata e forzosa di africani nel Vecchio continente e la sempre più manifesta rovina economica di quest’ultimo, nel meraviglioso mondo di Italiand, fra le tante minchiate (per i puristi della lingua, vedasi il link messo) con le quali vengono cibati gli italioti, due in particolare hanno occupato per settimane intere tutti i mass-media ed i salotti “bene” e “non” della Penisola: il generalissimo Roberto Vannacci, detto (da me) “piedone l’africano”, e la pesca del desiderio dell’Esselunga.

Il primo l’ho voluto soprannominare così perché mi ha ricordato molto, in un’immagine pubblicata per il settimanale italiota “Chi”, un personaggio interpretato da Bud Spencer (Carlo Pedersoli) in una tetralogia uscita negli Anni Settanta per la regia di Steno. Il generalissimo, personaggio creato ad hoc per spostare l’attenzione dell’italiota medio, è palesemente un gatekeeper, per usare un linguaggio “moderno”, ossia un infiltrato del sistema, come si sarebbe detto una volta. Magari fonderà anche un suo movimento politico, per dividere (come se ce ne fosse bisogno) ancora un po’ l’opinione pubblica nostrana. D’altra parte l’uomo forte, tendente al cazzone, ops… volevo scrivere allo sbruffone, è sempre piaciuto dalle nostre parti.

Ma si sa, gli italioti sono anche molto ondivaghi, quindi bisogna dargli anche storie più “leggere” e di “buoni sentimenti” su cui spostare la propria attenzione. Quindi? Che si fa? Ma semplice, si monta un caso su cui farli discutere animatamente per settimane a partire da uno spot commerciale “paraculo”, come si direbbe nella Capitale. Uno spot di quelli strappalacrime, come quelli che ogni anno, puntualmente, sotto Natale, sforna in Germania una notissima catena di supermercati. Buoni sentimenti nei confronti della nonna o del nonno di turno questi ultimi, buoni sentimenti nei confronti della piccola bambina di genitori divorziati nel primo.

D’altra parte perché mai dovrebbero focalizzarsi su una situazione economica e sociale a dir poco disastrosa i concittadini della bella famigliola della Esselunga? Non sia mai che poi a qualcuno (oramai un essere in via d’estinzione) gli venisse voglia di protestare, o chessó, di ribellarsi contro il governo fantoccio di turno.

Già, perché non vale neanche la pena oramai vedere chi sia l’incaricato di turno a passare le carte a Palazzo Chigi. A tal proposito il concetto lo aveva ben chiarito il salvatore della Patria Mario Draghi, allorquando ricopriva ancora il ruolo di capo della BCE: “I mercati non temono le elezioni, le riforme hanno il pilota automatico”. Ed è solo quello che conta. Le decisioni vengono prese altrove. Il popolo, in pratica, s’illude di contare qualcosa attraverso la scelta di candidati fantoccio di questo o quel partito. Esemplare a tal riguardo la frase dell’altro uomo forte di Goldman Sachs, il venerabile professor Mario Monti, allorquando in un’intervista del 2015 ebbe a dire:Si può sperare che l’opinione pubblica acquisti consapevolezza della perdita di leadership da parte di chi governa? È possibile che le pecore prendano a guidare il pastore nella buona direzione, assumendo anche il controllo del cane da pastore? Un po’ difficile.”. Quindi pecore, pascolate e zitte!

 

Israele, bel suol d’amore

Mentre sto per concludere questo mio lungo articolo (come al solito, direte voi! Ma d’altronde non si possono racchiudere così tanti argomenti e considerazioni in un tweet) arriva la notizia dell’attacco di Hamas in più parti d’Israele. La situazione è tutt’ora in divenire e, a parer mio, è un po’ troppo presto per dire cosa stia realmente accadendo: reale attacco secondo gli uni (ossia i sostenitori di Israele), “false flag” secondo gli altri (i sostenitori dei palestinesi). È molto probabile che possa trattarsi dell’inizio vero e proprio dell’escalation della Terza guerra mondiale (già in corso in più parti del globo: Europa, Africa, Asia ed ora Medio Oriente sotto diverse forme). In ogni caso è l’ennesimo sintomo della lotta che si sta svolgendo ai vertici dei gruppi di potere massonici, mai come ora in contrasto tra di loro per decidere chi sarà a guidare il mondo prossimo venturo, quello del controllo digitale verso cui tutti, nessuna delle grandi potenze escluse, si stanno dirigendo a vele spiegate.

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Youtube © Star Wars

Il re è morto. Viva il re!

Il re è morto. Viva il re!

Una breve premessa

Chi scrive è stato in passato, direi per un lungo periodo, un simpatizzante di “sinistra”, anche estrema oserei dire. Questo sempre al netto del fatto che ciò è accaduto quando, in qualche misura, della divisione tra “sinistra” e “destra” nella politica italiana ancora si poteva parlare, e sempre che in realtà abbia un senso dire di “essere di sinistra” o “essere di destra”. Solo il passare degli anni, infatti, mi ha insegnato che anche le ideologie (poco importa quali) sono sempre state utilizzate dal “vero” potere per comandare e soggiogare i popoli di tutta la terra. Questi ultimi, invece, hanno sinceramente aderito ai ruoli che di volta in volta venivano loro offerti, spesso anche a costo della propria vita e di quella delle persone a loro care.

Questa breve introduzione solo per non ricevere, dai soliti quattro cretini lobotomizzati, gli usuali epiteti che sono stati addestrati ad utilizzare, come i cani di Pavlov, nei confronti di chi la pensa diversamente dalla narrativa corrente del politically correct.

 

Una storia italiana. O forse no

Era il 17 febbraio 1992 quando l’allora, quasi sconosciuto, pubblico ministero Antonio Di Pietro ottenne dal Giudice per le indagini preliminari Italo Ghitti un mandato d’arresto per l’ingegner Mario Chiesa, presidente del Pio Albergo Trivulzio, nonché esponente di spicco del PSI milanese, per un’indagine iniziata l’anno prima che lo vedeva coinvolto in prima persona in una vicenda di corruzione amministrativa e di pagamenti di mazzette. Era solo l’ago nel pagliaio e rivelò ben presto un giro di tangenti che da anni era praticato in tutto il Paese, ma che tutti facevano finta che non esistesse. Le indagini si allargarono e, dopo le elezioni politiche dei primi di aprile di quell’anno, disastrose per tutte le formazioni (Lega e Rete di Leoluca Orlando escluse), fu un susseguirsi di accuse, dimissioni e, in alcuni casi, anche suicidi sia di politici che di imprenditori (fra gli altri l’ex presidente dell’Eni Francesco Cagliari e l’imprenditore Raul Gardini, presidente del gruppo Ferruzzi-Montedison, entrambi coinvolti nella storia della tangente “Enimont”). In poco più di un anno fu travolta un’intera classe politica, capi di partito in testa. Si registrarono anche diverse minacce di morte allo stesso Di Pietro (personaggio, per altro, niente affatto adamantino. Ma sarebbe troppo lungo parlarne qui.). Le inchieste, oramai numerosissime, videro coinvolta perfino la Guardia di Finanza. Solo il vecchio PCI sembrò essere toccato marginalmente da quest’ondata di scandali. Ma, in realtà, il motivo per il quale non fu coinvolto direttamente è ben altro. Ne riparlerò più in là in questo articolo.

Tutto ciò portò, come vedremo presto, alla fine della prima Repubblica, per usare un’espressione giornalistica.

 

Fozza Itaia

Ricordo perfettamente una sera del 1992 quando con alcuni amici stavamo girando per le strade di Roma chiacchierando. Ad un certo punto, nella zona di San Giovanni, notammo tutti dei cartelloni pubblicitari che esponevano l’immagine a tutto schermo di un neonato sorridente con sopra la scritta “Fozza Itaia”. Ci facemmo subito tutti la stessa domanda: “E questa, che roba è? Sembra uno slogan calcistico!”. Anche se i pubblicitari lo negarono in seguito, nessuno mi leva dalla testa che fossero, per così dire, le prove tecniche di trasmissione per il nuovo partito, già previsto, che sarebbe stato fondato nel gennaio del 1994, dopo la sua entrata in politica nell’ottobre dell’anno prima, da un imprenditore milanese: Silvio Berlusconi.

Il motivo per il quale, oggi, a distanza di anni, ritengo che non fossero casuali quei cartelloni pubblicitari è che poco più di due anni prima, esattamente il 9 novembre del 1989, era caduto il Muro di Berlino. Da allora si decise altrove che l’assetto politico europeo dovesse cambiare e che l’Italia in particolare dovesse dare spazio ad una classe politica nuova, che sostituisse la vecchia che, seppur corrotta e corruttibile, aveva il grandissimo peccato di essere formata da uomini politici autentici, cioè la cui formazione era stata quella politica reale e che, a modo suo, teneva comunque al bene generale del Paese. In altre parole bisognava spazzare via chi aveva ancora un concetto di mondo multi-polare e non globalista e la cui visione dei rapporti di forza risentiva ancora di “valori” politici, sociali e morali che appartenevano allo sviluppo dei secoli precedenti. La fine del 20esimo secolo, al contrario, doveva preparare a quei principi unificatori e annullatori delle differenze di pensiero che tutt’oggi sono le linee guida dei recenti sviluppi internazionali.

Proprio per questo motivo, quella che sto qui riassumendo, non è forse (come ho scritto sopra) proprio del tutto una “storia italiana”. E questo tanto per quanto riguarda la storia di “Tangentopoli”, quanto per l’entrata in campo (come usava dire lui stesso, mutuando il termine dal suo amato calcio) di questo personaggio tanto controverso, quanto atipico della politica italiana.

Nel bene e nel male il politico Berlusconi, assolutamente inscindibile dall’imprenditore, ha caratterizzato circa 17 anni della politica e società italiana: dalla fondazione ufficiale della sua Forza Italia nel gennaio del 1994, fino al 12 novembre del 2011, data delle sue dimissioni “forzate” da Presidente del Consiglio. Tali dimissioni, come notai all’epoca discutendo con i miei amici della sopra citata sera del 1992, erano state in realtà un vero e proprio “colpo di Stato” ad opera dell’allora Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano* (forse il peggiore Presidente che la Repubblica italiana abbia mai avuto assieme all’attuale) e della comunità politica ed economica internazionale. Quest’ultima era la vera mandante di ciò che fece in pratica Napolitano. Molto probabilmente l’imprenditore Berlusconi fu ricattato. Le azioni di Mediaset iniziarono a perdere il proprio valore scendendo in picchiata per tutto il 2011, perdendo ben il 45,5 per cento già solo fino ad agosto. Non le andò certo bene anche per gli anni immediatamente successivi. Fu creata, nel 1987 e valeva 4miliardi a fine 1996, l’anno della quotazione in Borsa, per poi toccare i 30miliardi ad inizio del 2000, con l’avvento di Internet. Da allora però è stato un lento, inesorabile declino fino ai circa 1,7miliardi odierni, meno della metà di quanto valeva al momento della quotazione di 27 anni fa. In pratica Goldman Sachs & Co. fecero capire al Cavaliere che era arrivato il momento di cedere le redini del comando. E fu così che iniziò l’era Monti.

 

Berlusconi il corruttore

Sicuramente Berlusconi ha contribuito a peggiorare da diversi punti di vista il già traballante Paese della fine degli Anni 80. Sono il primo a ritenere che con le sue televisioni, grazie alla complicità di personaggi come Maurizio Costanzo e il di lui marito (no, non è un lapsus il mio…) che hanno portato nelle case degli italiani, già di loro tendenti alla superficialità, il peggior qualunquismo e la peggiore volgarità legata agli istinti primari (pappa, sesso becero e popò). È inoltre vero che il personaggio Berlusconi (e anche questo non è un caso) ha usufruito per i suoi progetti imprenditoriali dell’aiuto economico e non della Mafia, che, ricordo a noi tutti, è la “mano sporca” del potere internazionale. Altrettanto lo è che sia stato un corruttore ed abbia commesso forse decine di reati amministrativi e non, oltre ad aver approfittato del doppio ruolo di politico e di imprenditore, con un conflitto d’interessi palese, per far beneficiare, attraverso oltre 70 provvedimenti legislativi ad personam, le sue aziende di vantaggi di ogni genere, anche a danno di imprese dello Stato.

Ebbene, tutto ciò è sicuramente vero (come i molti processi a suo carico hanno più volte provato). Ne ero sicuro anni fa e lo sono ancora. Tuttavia non trovo che, nonostante tutto, il ruolo più grave, più denso di responsabilità in tutto il periodo che Berlusconi ha significato qualcosa per il nostro Paese e non solo, sia stato il suo. Berlusconi si è sempre presentato per quello che era, senza infingimenti. Non è stato proprio così per altri protagonisti della vita politica e sociale italiana.

E qui torniamo al ruolo che svolse, come ho scritto prima, il vecchio PCI durante la fase concitata di “Mani pulite”. Come ho già accennato, il vecchio Partito Comunista, o ciò che ne restava dopo la “svolta” occhettiana del 1991 con la trasformazione in PDS (Partito Democratico della Sinistra). Non è un caso che il nome riecheggiasse quello di uno dei due principali partiti di oltreoceano. Così come non è un caso che a succedere ad Achille Occhetto, secondo me manipolato da altri, nel 1994, anno della vittoria elettorale di Berlusconi, ci fu Massimo D’Alema uno dei più loschi personaggi della politica italiana (non sto qui ad elencare le varie nefandezze accumulate nella sua lunga carriera politica). Quello che una volta era il “portaborse” dei vecchi politici del PCI, diventò protagonista, formando così (assieme ad altri portaborse di altri vecchi partiti) la “nuova” classe politica della “seconda Repubblica” (oggi, con la cosiddetta “terza”, siamo alle mezze calzette di quelli della seconda).

La cosiddetta “sinistra” (che con i “valori” della “sinistra” di una volta non ha più nulla a che fare, così come la “destra” odierna con quella di una volta) in tutti gli anni che è stata al governo, alternandosi con il Cavaliere, non ha mai, dico mai, cancellato nessuno di quei 70 provvedimenti legislativi ad personam fatti passare da quest’ultimo. Un caso? Non direi proprio.

 

Questo o quello per me pari sono

Al vero potere, quello massonico internazionale, Silvio Berlusconi, a sua volta massone, con la tessera della loggia Propaganda 2 (P2) di Licio Gelli (come il già citato Maurizio Costanzo) serviva per portare l’Italia verso quella direzione che, ahinoi, gli fece prendere. Tuttavia il personaggio era, per così dire, istrionico. Aveva la spiacevole tendenza a sentirsi protagonista. In altre parole a fare ogni tanto come cavolo gli pareva, non tenendo conto del fatto che i padroni che lo tenevano al guinzaglio non avrebbero gradito questa sua “autonomia” di vedute. E gliela fecero pagare, fino a scaricarlo quando capirono che, oltre a non servirgli più, stava diventando anche dannoso per i loro piani (Putin, Gheddafi, ecc.). Dall’altra parte, sempre i veri padroni del vapore, per gli italiani (sarebbe meglio chiamarli, come sono solito fare, italioti) hanno inscenato la parte della finta opposizione creando, per l’appunto un partito di “sinistra”, facendogli cambiare nome nel corso degli anni. Ma perché usarono il vecchio PCI (e per l’uopo non lo fecero coinvolgere in “Mani pulite”)? Semplice. Perché il vecchio Partito Comunista era quello che aveva una distribuzione sul territorio capillare e che, attraverso le sue cooperative, poteva meglio raggiungere la maggior parte del popolino lavoratore. Alla medio-alta borghesia ci avrebbe pensato, per l’appunto il Berlusca.

Quando i servetti de “sinistra” avevano iniziato a stancare il popolino cencioso, che sarà pure cencioso, ma c’ha sempre uno stomaco e mal sopporta che chi lo dovrebbe difendere sorseggia a champagne, mangiando caviale (vi ricorda qualcosa di oggi?) fregandosene palesemente di lui, le élite mondiali tirarono fuori dal cilindro la nuova “fint’opposizione”: i 5 Stelle (o stalle, come preferite). Con questi ultimi, come ho già detto altrove, caddi anch’io in inganno e gli diedi il mio voto (dopo circa 30 anni di onorata scheda annullata). Chiaramente non feci lo stesso errore la tornata elettorale successiva.

Oggi, le sinistre “fucsia-arcobaleno”, come le chiama giustamente Diego Fusaro, si stracciano le vesti (colorate) sui “social media” per il fatto che è stato proclamato il lutto nazionale per la morte di Berlusconi (è tutto un “non in mio nome” o “not in my name”, perché in inglese fa più figo, ovunque). Oltre a non importarmi assolutamente nulla dell’atto politico voluto dall’attuale Governo marionetta (cambia la casacca dei burattini, ma i burattinai sono sempre gli stessi), devo dire che trovo semplicemente deprimente il fatto che esistano così tanti decerebrati a piede libero. Sul fatto che abbiano diritto di voto non mi preoccupo più da un pezzo, visto che, come diceva qualcuno (non mi interessa se fosse realmente Mark Twain o meno), “se servisse a qualcosa non ce lo lascerebbero fare”.

Il re è morto, viva il re! Avanti un altro.

 

*Ne avevo parlato in diversi articoli, fra cui qui, qui e qui

Ho sofferto un mare di cambiamenti e niente potrà mai più essere lo stesso

Ho sofferto un mare di cambiamenti e niente potrà mai più essere lo stesso

Non ho più scritto a lungo perché, come diceva Ludwig Wittgenstein nel suo “Trattato Logico-Philosophicus” «Wovon man nicht sprechen kann, darüber muss man schweigen», ossia «Ciò di cui non si è in grado di parlare, occorre tacerne». E infatti di cosa mai avrei potuto scrivere oltre a quanto ho già fatto nei miei precedenti articoli circa l’epoca che stiamo vivendo? Ben poco, in effetti.

Questo anche perché tutto sta procedendo come pianificato, almeno per coloro che hanno deciso che si dovesse mettere in atto questo cambiamento epocale nelle esistenze di tutti noi: prima è stata la volta della finta pandemia, poi è arrivata la guerra (che sta scemando nell’interesse di molti), ora è la volta della graduale scomparsa delle banche commerciali (vedi il caso svizzero e quello della Silicon Valley) in favore di un cambiamento centralizzato di valuta digitale. Non abbiate paura, avverrà a breve giro di vite, non così lontano nel tempo come alcuni credono e continuano a sostenere.

Circa 200 banche statunitensi sono a rischio fallimento e potrebbero crollare in modo simile a quello della banca californiana. Un rapporto afferma che “Anche se solo la metà dei depositanti non assicurati sceglie di prelevare fondi, quasi 190 banche sono esposte al potenziale rischio di deterioramento dei depositanti assicurati, con depositi potenzialmente assicurati per 300 miliardi di dollari”.

Uno studio di quattro economisti di importanti Università, pubblicato il 13 marzo sul Social Science Research Network, sostiene che l’aumento dei tassi di interesse della Federal Reserve ha portato al deprezzamento di attività come i buoni del Tesoro statunitensi detenuti da queste banche. Il segretario al Tesoro Janet Yellen ha avvertito che non tutti i depositi non assicurati saranno salvati dalla FDIC. In altre parole, saranno salvate solo le grandi banche.

In Europa il meccanismo è stato annunciato da Fabio Panetta, membro del comitato esecutivo della BCE, durante la sua dichiarazione introduttiva dinanzi alla Commissione per i problemi economici e monetari del Parlamento europeo: «La fase istruttoria del progetto relativo all’euro digitale è iniziata oltre un anno fa. Sin dal suo avvio, lo stretto coinvolgimento del Parlamento europeo è stato prioritario per la BCE. Nel corso del 2022, in questa Commissione abbiamo discusso regolarmente le principali opzioni tecniche esaminate. I vostri contributi hanno fornito indicazioni preziose per il nostro lavoro; insieme con i riscontri ricevuti da altre controparti sia pubbliche sia private, essi hanno contribuito ai progressi compiuti nei mesi scorsi. Queste interazioni sono essenziali per assicurare che la moneta pubblica (la moneta emessa dalla banca centrale) risponda alle preferenze e alle esigenze dei cittadini e delle imprese, in un contesto digitale in continua evoluzione.

Le abitudini di pagamento dei cittadini europei stanno mutando a una velocità senza precedenti: negli ultimi tre anni i pagamenti in contanti effettuati nell’area dell’euro sono diminuiti dal 72 al 59 per cento di quelli totali, mentre i pagamenti digitali si sono ulteriormente diffusi. Nei Paesi Bassi e in Finlandia, ad esempio, il contante è utilizzato soltanto in un quinto delle transazioni. Al tempo stesso, i cittadini vogliono avere la possibilità di pagare con moneta pubblica. La maggior parte di essi considera importante o molto importante avere sempre a disposizione una tale opzione. Un euro digitale risponderebbe a questa crescente domanda di pagamenti elettronici, rendendo disponibile la moneta pubblica in forma digitale. Insieme con il contante, un euro digitale offrirebbe ai cittadini europei l’accesso a un mezzo di pagamento che consentirebbe di pagare ovunque nell’area dell’euro, senza costi. La facilità di accesso e la convenienza del suo utilizzo favorirebbero l’adozione della nuova moneta, migliorando l’inclusione finanziaria. Nel mio intervento odierno esaminerò come l’euro digitale potrebbe aiutarci a rendere disponibile la nostra moneta ovunque e per ogni necessità nell’area dell’euro. Concluderò le mie osservazioni soffermandomi sul programma di lavoro per il 2023, durante il quale la BCE porterà a termine la fase istruttoria del progetto relativo all’euro digitale e la Commissione europea presenterà la sua proposta legislativa.». Insomma il controllo sociale, attraverso una moneta digitale a tempo ed emessa dalle sole banche centrali, è ben tracciato. Prima nei Paesi occidentali, poi seguiranno gli altri (con le buone o con le cattive).

Il sistema è stato messo in moto e, aggiustamenti a parte, ha una sua precisa tabella di marcia. Il principio della rana bollita è sempre valido, così come quello della finestra di Overton.

Questo mio breve scritto è quindi più che altro un promemoria fatto a me stesso, in primis, circa un paio di punti che vengono tessuti da tutte le parti in causa. A chi si è preso la briga di leggere i miei precedenti articoli chi siano “le parti in causa” dovrebbe essere oramai ben chiaro. Per i più distratti si potrebbe riassumere semplicemente che non esiste “il buono” contrapposto al “cattivo”, per capirci meglio il “Trump” contrapposto al “Biden” di turno (o viceversa, a seconda di come si vuole credere alla narrativa corrente), oppure il “buono Occidente” contrapposto al “cattivo Oriente” (per semplificare i “buoni della Nato”, contro i “cattivi russi e cinesi”), bensì esistono due principali gruppi massonici che si alternano al vertice della piramide del potere mondiale, prevalendo l’uno ora e l’altro dopo, facendosi “sgambetti” reciproci strada facendo (leggi finti scandali su cose in realtà ben note a tutti, o finti attentati di varia natura tendenti a “destabilizzare” l’altra parte, almeno agli occhi dell’opinione pubblica).

Insomma è tutto un gioco delle parti su di un’enorme scacchiera, dove i pedoni che vengono massacrati (più o meno consapevolmente) siamo tutti noi “comuni mortali”. Chi stia al di sopra perfino dei re e delle regine comporterebbe un discorso a parte che non intendo affrontare qui, anche perché sono conscio che mi dareste tutti del matto (ancor più di quanto alcuni già non facciano).

 

I soldatini di piombo

In questa scesa agli inferi non si può fare affidamento per un rallentamento (non penso nemmeno ad un’inversione di marcia, secondo me impossibile) sulle cosiddette “nuove generazioni”. Come ho già scritto altrove, sono masse di soldatini che sono state preparate appositamente nelle scuole ed Università di tutto il mondo attraverso programmi fatti ad hoc per tale scopo. In loro (e non mi riferisco solo ai ventenni o agli adolescenti) è stato ucciso ogni senso di coscienza critica, creandogli appositamente una realtà indiscutibile, calata dall’alto, che non tollera dubbi, se non quelli finti creati appositamente per dar a vedere che il dissenso è tollerato. D’altro canto ci aveva già spiegato bene come funziona la cosa Ernst Jünger nel suo “Trattato del ribelle”.

I docili soldatini, armati di cellulare, cercano risposte ai quesiti del mondo attraverso gli algoritmi di “ChatGPT” (già il nome è tutto un programma: Chat Generative Pre-trained Transformer, ossia “Trasformatore pre-istruito generatore di conversazioni”), sapientemente messi su dall’azienda “senza scopo di lucro” OpenAI, tra i cui fondatori e partecipanti figurano i soliti noti: Elon Musk, Reid Hoffman (LinkedIN), Peter Thiel (PayPal), Sam Altman e Jessica Livingston di “Y Combinator” (incubatrice di startup come Airbnb, Stirpe, Coinbase, Dropbox, Twich, Reddit), Ilya Sutskever, ex esperto Google sull’apprendimento automatico, l’Amazon Web Services (sussidiaria che si occupa dei servizi su cloud).

Se ne vanno quindi in giro per il mondo, scandendo slogan (preparati appositamente da altri per loro), lanciando anatemi contro chi osi mettere in dubbio la vulgata del mainstream e dispensando di tanto in tanto perle di saggezza politica o morale. Soprattutto i trenta-quarantenni sono la quintessenza della saccenza incolta ed autoreferenziale. E questo è un fenomeno che non risente dei confini geografici. Un po’ ovunque nel mondo sono quella fascia d’età in cui meglio si assommano queste nuove “qualità” dell’homo technologicus (sic.), e si espandono democraticamente in tutte le branche dell’agire umano. In pratica sono, oramai, il perno centrale della moderna società (ovviamente esistono debite eccezioni, ma appunto sono tali).

 

Italialand, meine Liebe

Breve accenno ad Italialand, dove tra un “orbe terracqueo” del Presidente del consiglio Meloni e una “rambata” del sindaco di Firenze Nardella, sfilano le orde LGBTQXYZ+++— (si nota l’ironia?) capitanate dalla neo segretaria del PD Elly Schlein, la Greta Thunberg de noantri, allevata direttamente in seno alla compagine “neo liberal” americana. Ovviamente tutto ciò nulla ha a che vedere con il sacrosanto diritto degli omosessuali di avere diritti civili e sociali, bensì con la destabilizzazione dell’individuo attraverso la finta richiesta di normalizzazione di pratiche fortemente discutibili da diversi punti di vista, quale, ad esempio, quella della maternità surrogata. Di questi argomenti se ne potrebbe discutere per giorni, e non intendo certo qui farlo.

 

Senescenza

Personalmente mi sento come un essere immerso in una visione “spengleriana” del mondo, ossia facente parte di un mondo (in Der Untergang des Abendlandes, ossia “Il tramonto dell’Occidente”) già morto e privo di speranza che tenta in tutti i modi di resistere al suo declino. Colpa mia, della mia generazione (e di tutti quelli delle generazioni immediatamente precedenti alla mia) che non abbiamo saputo vedere la polpetta avvelenata che era stata lanciata nel nostro recinto. Eppure i mezzi per capirlo c’erano già, solo che non li abbiamo usati. Le analisi a posteriori servono solo per consolarsi e, se ci si riesce, per capire.

Nostalgicamente penso alla frase pronunciata da Donald Sutherland alla fine del bellissimo film di John Sturges “The eagle has landed” e un po’ mi ci identifico: «Bonnie my love, as a great man once said: I have suffered a sea change and nothing can ever be the same again… as they say in Ireland: we have known other days».

Niente di nuovo sul fronte occidentale

Niente di nuovo sul fronte occidentale

E dopo una lunga, calda, pausa estiva eccomi di nuovo a dispensare per i miei ventiquattro lettori (non sum dignus di paragonarmi a Manzoni, quindi mi tengo sotto di uno. Povero Manzoni!) perle di “saggezza” che scaturiscono dai recenti sviluppi sullo scenario internazionale e nazionale.

Ed è proprio per questa ragione che ho intitolato questo mio pezzo come il bel romanzo di Erich Maria Remarque (al secolo Erich Paul Remark), perché sempre di guerra voglio trattare, anche questa combattuta da una massa di illusi, sia sul campo di battaglia che su quello delle “retrovie” fisiche e mediatiche, rappresentate da tutti noi.

 

La “guerra non guerra”

Di questa “guerra non guerra”, molto strana, ho già parlato qui, qui e qui. Ora, dopo l’estate sembra si stiano aprendo nuovi pericolosi scenari, in un crescendo continuo di rifornimenti militari e possibili venti di guerra nucleare. In realtà c’è un gioco delle parti da entrambi i fronti dello scontro. Da una parte la stampa occidentale volutamente travisa il discorso tenuto lo scorso 21 settembre da Vladimir Putin sostenendo che stia minacciando l’Occidente, perfino mobilitando i riservisti russi. Dall’altra lui, zar Vladimir, che sa perfettamente cosa sta facendo, secondo i piani prestabiliti, sia da un punto di vista militare che di alleanze economiche e strategiche. A questo proposito il recente incontro tenutosi a Samarcanda, in Uzbekistan, ha sancito un ulteriore passo nella marginalizzazione dell’Occidente, vedendo consolidarsi le alleanze tra la Russia, la Cina e altre nazioni che oramai rappresentano una fetta di popolazione del globo ben maggiore rispetto a quella degli Stati Uniti e dei loro alleati.

In buona sostanza tutto procede come pianificato. L’unico “inconveniente” è il colpo di coda del deep state americano, o meglio di quello che fa capo all’amministrazione Biden, che tenta in tutti i modi di far convogliare le energie russe nella guerra in Ucraina per distogliere lo zar Vladimir dal rafforzamento dell’alleanza con la Cina, vero obiettivo di Washington. E così è una gara fra gli alleati della Nato ad inviare armi al fantoccio Zelensky. Questo perché la guerra deve durare, il più a lungo possibile. Almeno finché il suo scopo non sarà ottenuto in gran parte.

Già, perché il vero scopo di questa guerra è la distruzione economica dell’Europa, Germania in testa. Le sanzioni, imposte dal grande fratello americano, danneggiano solo i Paesi europei. In particolare quelli più supini di altri ai diktat d’oltre oceano, noi, ovviamente, in prima fila. In Germania, dopo la politica da “bottegaia” di Frau Merkel, che uccideva l’economia delle altre nazioni, ma sicuramente avvantaggiava quella teutonica, sono arrivati loro, i figliocci di Klaus Schwab e del World Economic Forum, al secolo i Grünen (che nulla hanno a che fare con i vecchi Verdi tedeschi degli Anni Settanta/Ottanta). Questi sono piccoli soldatini indottrinati dai signori della nuova ideologia globalista, formati nelle e dalle istituzioni di stampo fabiano. Fra di loro spiccano per servilismo ed incapacità il ministro degli Esteri Annalena Baerbock e quello dell’Economia, nonché Vice-cancelliere, Robert Habeck. La signora Baerbock, recentemente a Praga, ha dichiarato perfino pubblicamente quali siano i principi politici da lei seguiti che, testuali parole, “non ha importanza ciò che possano pensare i miei elettori tedeschi”, sono dettati da altri interessi. Tutto sta a vedere quando l’establishment economico tedesco non ne avrà le scatole piene di vedere la propria economia andare a pezzi. Per il momento la linea americana sembra tenere. Bisognerà aspettare almeno fino alle elezioni di midterm dell’otto novembre che si terranno negli Stati Uniti quando, almeno così sembra secondo i sondaggi, i Repubblicani potrebbero prendere il controllo totale di entrambe le camere causando, di fatto, una sconfitta totale dei Dem. Allora, forse, la tensione in Europa potrebbe calare un po’.

Potrebbe calare, ma non finire. Questo perché anche l’amministrazione Trump, di comune accordo con quella russa, ha già da tempo deciso che l’Ucraina dovrà essere il nuovo “confine” tra Occidente ed Oriente. Sarà la linea di demarcazione tra i due blocchi di influenza mondiali. Ovviamente non esisterà più come Paese unico, ma sarà diviso a Nord-ovest sotto l’influenza anglo-americana e a Sud-est sotto quella russa. Non è che Trump avesse dunque altri piani. È solo che il suo sforzo maggiore era incentrato sull’economia interna del Paese e non sull’industria bellica e l’espansione verso Oriente. Anche per lui la Cina rappresenta uno spauracchio, ma l’intento era quello di staccare la Russia dall’alleanza oramai consolidata nella quale l’ha spinta l’amministrazione Biden. Dunque, anche se tornasse fra due anni Trump, noi certamente non possiamo farci soverchie illusioni di libertà o cambiamento di marcia.

D’altra parte è un po’ che sta girando in Rete un documento della “Rand corporation”, think thank americano da sempre considerato creatore di strategie politiche poi immancabilmente adottate dai governi statunitensi, dal titolo “Rafforzare gli Stati Uniti indebolendo la Germania”. Ne ha diffusamente parlato anche il bravo Roberto Mazzoni in un’intervista da lui rilasciata a “Il vaso di Pandora” e riproposta sul suo canale in modo più ampio. Ebbene in tale documento, vero o diffuso ad arte da altri che sia, si preconizza la distruzione sistematica del sistema produttivo tedesco, e a ricasco di quello europeo, proprio attraverso un piano di distacco dalle forniture energetiche russe: “L’attuale modello economico tedesco si basa su due pilastri: un accesso illimitato a fonti energetiche russe a basso costo e a energia elettrica francese a basso costo, grazie al funzionamento delle centrali nucleari francesi. L’importanza del primo fattore è considerevolmente superiore a quella del secondo fattore. Un blocco delle forniture russe può creare una crisi sistemica che sarebbe devastante per l’economia tedesca e, in modo indiretto, per l’intera Unione Europea”. Ed ancora: “L’unico approccio fattibile per garantire che la Germania rifiuti la fornitura di energia dalla Russia consiste nel coinvolgere entrambe le nazioni in un conflitto militare in Ucraina. Le azioni che stiamo per intraprendere in Ucraina condurranno inevitabilmente a una risposta militare da parte della Russia. I russi non potranno più ignorare la massiccia pressione esercitata dall’esercito ucraino sulle repubbliche non riconosciute del Donbas. Questo ci consentirà di etichettare la Russia come aggressore e applicare nei suoi confronti l’intero pacchetto di sanzioni preparate in anticipo”.

Ripeto, vero o falso che sia (la Rand corporation ne ha negato l’autenticità), il documento descrive comunque bene l’attuale situazione, le cause e le prospettive della stessa. Oramai i giochi sono aperti e, a meno che i tedeschi non decidano di mandare a casa gli attuali politici zerbini che li governano, vedo molto difficile un cambio di passo per i prossimi anni. D’altra parte i piani dell’Agenda 2030 sono noti a tutti e di qui alla fine del decennio, come si suol dire, c’è uno sputo di distanza. Dunque bisogna procedere (secondo tali piani) e a spron battuto, fra una finta (speriamo che si limitino a questa) epidemia e una guerra che distrugga l’economia del Vecchio continente, accompagnata da una “crisi climatica” creata ad hoc (non mi soffermerò qui a parlare dell’ingegneria ambientale che oramai viene comunemente messa in atto da più parti).

 

All’armi! All’armi! All’armi siam fascisti!

Ed eccoci arrivati al nostro piccolo orticello: Italialand! Finalmente il 25 settembre è passato e il popolo italiano ha potuto dare sfogo alla sua voglia di partigianeria sui social media, come ogni bravo cittadino italiota è preparato a fare oramai da anni. E allora è stato un tripudio di “Attenti al fascio”, anzi, alla “fascia”, per rispettare l’ultima idiozia del vocabolario Treccani (che oramai è guidato da quattro gatti, per giunta scemi), da una parte e di “Dio, patria e famiglia”, ma quella bucata dal sacro vaccino, s’intende, dall’altra. La pantomima delle “libere” elezioni ha dato, come al solito, anzi, più del solito, il meglio di sé. Le “oppo-finzioni”, più grandi e più piccole hanno sfoggiato le migliori livree per l’occasione, dalla “ducia” considerata adatta a ricoprire un eventuale incarico di leader di governo perfino dalla signora Hillary Clinton, tanto per fare un nome, all’infiltrato Paragone, apertamente sostenuto dal caro vecchio senatore Mario Monti.

Dunque ora ci sono orde di camicie nere che s’aggirano per le strade delle città italiane e i diritti (quali? Quelli che oramai sono negati da tempo?) non ci saranno più per decreto del nuovo establishment di “destra” (ho amici che staranno ridendo a crepapelle pensando alla Meloni come “di destra”). D’altra parte Giorgietta “de noantri” è l’unico leader di partito italiano a far parte dell’Aspen Institute, famoso centro di studi internazionali, la cui sede italiana vede come presidente Giulio Tremonti, come vicepresidente John Elkan e che annovera tra i suoi membri Romano Prodi, Giuliano Amato, Paolo Mieli e, guarda chi si ritrova, Mario Monti. Insomma, come dire, un covo di sovversivi dell’ordine costituito.

Ora, tra le grida e gli strepiti della “sinistra” (qui sono io che rido a crepapelle), probabilmente Giorgietta dovrà formare il nuovo esecutivo (degli ordini che gli vengono imposti. Si chiama così apposta 😉), con una legge di bilancio che sia di gradimento di Bruxelles. Ah, a proposito di Bruxelles, stavo per dimenticare le “finte” (in senso di finto scandalo) parole pacate e di giudizio neutrale (come deve essere per la carica che ricopre) della baronessa von der Leyen (e già, è pure nobile, grazie al marito Heiko, quello coinvolto nella storia dei vaccini, tanto voluti da sua moglie per l’Europa) allorquando le è stato chiesto cosa pensasse di un’eventuale “presa del potere” da parte delle “destre” in Italia, Ursula ha così chiosato: “Se le cose andranno in una direzione difficile – ho già parlato di Ungheria e Polonia – abbiamo gli strumenti”. Ad ognuno il giudizio al riguardo.

Insomma, come fa dire Tommasi di Lampedusa a Tancredi Falconieri, nipote del principe di Salina Fabrizio Corbera: “Se vogliamo che tutto rimanga com’è, bisogna che tutto cambi”.


© Youtube Roberto Romagnoli

A pensar male si fa peccato…

A pensar male si fa peccato…

Un breve articolo per chiarire quelle che, a mio parere, sono due “falsità” create ad hoc.

Allargamento della Nato

La prima riguarda l’andamento dell’allargamento dell’Alleanza atlantica. Quanti ritengono che la Nato abbia rotto gli accordi del post Muro di Berlino (ossia che in cambio della caduta del medesimo l’Occidente non avrebbe dovuto tentare di inglobare gli ex Stati dell’Unione Sovietica, cosa invece puntualmente accaduta) stanno gridando allo scandalo. Tuttavia, secondo me, nel corso del tempo, quella che era una verità inoppugnabile s’è modificata in vista dello sviluppo rapido che s’è deciso di dare al futuro (molto prossimo) del mondo da parte di tutti gli attori partecipanti. Ciò che sta avvenendo è una spartizione di sfere geopolitiche prestabilite (ne ho scritto qui).

In parole povere Usa e Gran Bretagna da una parte (con i loro accoliti Canada ed Australia), Russia e Cina dall’altra (e accoliti vari anche in questo caso), stanno portando rapidamente a termine tale spartizione, dove l’Ucraina rappresenta il confine europeo delle reciproche sfere d’influenza. Pertanto l’entrata di Svezia e Finlandia all’interno della Nato non è altro che un ulteriore passo verso il consolidamento programmato di queste sfere d’influenza. Il tutto fatto passare come il proseguimento dell’iniziale rottura dei patti da parte della Nato. Quale scusa migliore della guerra in Ucraina per accelerare tale processo?

“Vaccinati” famosi che si ammalano

La seconda “falsità” riguarda i casi di malattia Covid riscontrati nei più famosi fra i propugnatori della campagna vaccinale, ad iniziare da quel Anthony Stephen Fauci che un ruolo di primo piano ha rivestito in tutta questa vicenda. Il controverso dottor Fauci si sarebbe ammalato con la variante Omicron pur essendo (così dice la vulgata) vaccinato per ben quattro volte. Subito un coro di “avete visto!” si è levato fra le fila di quanti sono sempre stati contrari (giustamente) alla vaccinazione di massa per il Sars Cov 2. In realtà, quel che penso è che sia tutta una messinscena, così come lo è il fatto stesso che si sarebbe vaccinato (lui ed altri attori attivi di questa pantomima), per far vedere alla massa delle pecore che veramente si sono vaccinate e che poi si sono ammalate lo stesso, magari finendo anche in ospedale, che sì, ci si ammala dopo ben 4 dosi di vaccino, ma in modo più lieve rispetto ad un non vaccinato. Ovviamente quest’ultima è una palese falsità, cosa ampiamente dimostrata da studi recenti pubblicati sulle più blasonate riviste mediche e come risulta da un recente studio effettuato in Gran Bretagna. Ma per il popolo bue quel che conta è l’esempio e la ripetizione come un mantra della notizia falsa, diffusa dai media di regime.

In pratica tutti costoro penso che siano il classico specchietto per le allodole, il coniglio tirato fuori dal cilindro per tranquillizzare quanti, a questo punto, un piccolo dubbio iniziano (miracolo!) a farselo venire. Che ci si vaccina a fare se ci si infetta ugualmente e si rischia di finire in ospedale in molti casi?

Ovviamente non posso provare concretamente tali tesi, anche se le indicazioni per supporre che siano giuste sono molteplici. Diciamo che io sono uno che tende a pensare male, ma come diceva il cardinale Giulio Mazzarino (poi ripreso da Giulio Andreotti): “A pensar male si fa peccato, ma spesso ci si indovina”.

Topolino e le meraviglie del domani

Topolino e le meraviglie del domani

Correva l’anno 1974 e, lo ricordo ancora, in uno splendido sabato pomeriggio di fine ottobre-primi di novembre mi trovai a passeggiare con la mia famiglia lungo la mitica “via Veneto” a Roma. Non so se esista ancora, ma all’epoca c’era una grande edicola di giornali quasi nel punto dove la via della “Dolce vita” si biforca con via Bissolati, di fronte all’Ambasciata americana. Ebbene, lì supplicai mio padre perché mi comprasse un giornaletto extra, rispetto alle normali uscite settimanali di “Topolino”, di cui ero lettore accanito: si trattava di un “Albo d’oro”, dal titolo affascinante di “Topolino e le meraviglie del domani”. Quale bambino avrebbe saputo resistere al mistero che si celava dietro un titolo tanto accattivante? Ben pochi, sicuramente non io. Convinsi alla fine mio padre a cedere ed entrai in possesso di quel giornalino illustrato (peraltro di forma inusuale rispetto ai “normali” Topolino, perché largo e corto in altezza). La storia (Mickey Mouse – The World of Tomorrow), cosa che all’epoca ignoravo, era stata scritta per la versione statunitense da Bill Walsh, mentre Floyd Gottfredson ne aveva fatto i disegni e Dick Moores il ripasso a china, il tutto nel lontano 1944.

La trama del fumetto vedeva Topolino ricevere per posta un misterioso pacco contenente dei vestiti invisibili che, una volta indossati, gli avrebbero mostrato le bellezze del mondo del futuro. Pensando che si trattasse di un regalo dei suoi amici scienziati, Topolino si introdusse nel “nuovo mondo” insieme a Pluto, trovando una Terra iper-tecnologizzata che aveva addomesticato ogni residuo di natura selvaggia. Nominalmente il crimine non esisteva più, ma dei misteriosi uomini meccanici rapirono Minni. Messosi alla sua ricerca insieme all’eccentrico ispettore Gluesome, Topolino arrivò nella valle nascosta di Mekkakia, in cui Pietro Gambadilegno tempo prima aveva sfruttato uno scienziato per assemblare una prima frangia di robot auto-costruenti con cui conquistare il pianeta (risultato ottenibile grazie anche all’ausilio di un nugolo di robot dalle fattezze umane che avrebbero dovuto in sordina prendere il posto delle relative controparti umane). A Mekkakia, oltre a una splendida donna-robot (Mimi) che si innamorò di Topolino, era già pronto un perfetto replicante del topo dalle orecchie rotonde… La storia continua, ma sarebbe troppo lungo riassumerla tutta. Alla fine non sarà chiaro se si sia trattato di un viaggio reale o un incubo causato a Topolino dal bernoccolo che gli ha procurato in testa l’omino meccanico del nipote Tip.

Tutto questo lungo preambolo non soltanto per ricordare un piccolo capolavoro per l’infanzia (e non solo), ma soprattutto per avere uno spunto per parlare delle meraviglie del nostro “domani”, che in realtà è già un triste “oggi”.

I novelli “Gambadilegno”

Nella storia di Walsh il tentativo del cattivo Gambadilegno era quello di sostituire l’umanità con dei robot dalle sembianze umane (molti altri nella letteratura e nel cinema hanno ipotizzato quest’evenienza), mentre oggi quello che si sta profilando all’orizzonte è l’integrazione dell’uomo con la macchina, come negli incubi della peggiore (o migliore, secondo i punti di vista) fantascienza dedicata al cosiddetto transumanesimo. Io direi piuttosto una disumanizzazione dell’essere umano in nome, almeno così viene venduta questa trasformazione, del progresso scientifico e della comodità in ambito sociale ed economico. Oramai si parla apertamente di “fusione” di uomo e macchina, ma ovviamente al fine benefico di prevenire malattie o precorrere tendenze insite nel nostro sviluppo fisico e psichico. Uno dei maggiori fautori di questo “nuovo mondo delle meraviglie” è Yuval Noah Harari, storico e saggista israeliano, consigliere di Klaus Schwab. Il nostro, fra le altre cose, pronostica un mondo dove l’essere umano dovrà essere hackerato. Nel 2020, durante l’annuale incontro del World Economic Forum a Davos, ebbe a dire: “    If you know enough biology and have enough computing power and data, you can hack my body and my brain and my life, and you can understand me better than I understand myself. You can know my personality type, my political views, my sexual preferences, my mental weaknesses, my deepest fears and hopes. You know more about me than I know about myself. And you can do that not just to me, but to everyone.

…A system that understands us better than we understand ourselves can predict our feelings and decisions, can manipulate our feelings and decisions, and can ultimately make decisions for us.

…Now in the past, many governments and tyrants wanted to do it, but nobody understood biology well enough and nobody had enough computing power and data to hack millions of people. Neither the Gestapo nor the KGB could do it. But soon at least some corporations and governments will be able to systematically hack all the people. We humans should get used to the idea that we are no longer mysterious souls – we are now hackable animals”*. “Noi ora siamo animali violabili”…

In effetti la strada verso questo tipo di violabilità s’è intrapresa da tempo. Già nobili fondazioni, come quella dei Rockefeller si erano impegnate ad immaginare il nostro futuro in tal senso. Da allora molteplici sono stati i casi di questo tipo di sviluppo. Per fare un esempio la Svezia, noto Paese di sperimentazioni sociali (eh sì, non siamo i soli in Europa), aveva (nel 2018, per la precisione) introdotto la “comoda” pratica di un chip sottopelle che avrebbe il compito di far risparmiare la noiosa operazione di aprire una porta toccando le infette (dopo la “pandemia”) maniglie, oppure risparmiando gli avventori di un negozio dal dover maneggiare del contagioso e sporco denaro. Ma, notizia di questi giorni, ora siamo arrivati ad un nuovo capolavoro in questa direzione. La sperimentazione non è più gratuita, ma la si fa pagare a coloro che ne sono sottoposti. Volete questa enorme comodità di dare il polso per entrare in casa? Allora pagate 200 euro (anzi, 199 per la precisione). Ma arriva a 350 con l’operazione necessaria all’impianto, come ci spiega l’entusiasta giornalone italiano di via Solferino. Immagino che di italioti (e non) che saranno entusiasti d’aderire a questa meravigliosa iniziativa ce ne siano molti.

Le numerose meraviglie del “domani”

Ma le meraviglie del domani sono molteplici, in Italialand e altrove. Nota è ormai la vicenda degli oltre 30 laboratori di bio-ingegneria finanziati dagli americani (e non solo) in Ucraina dalla Metabiota, una delle ditte appaltatrici del Pentagono (ne ho parlato altrove). Quello che i nostri connazionali probabilmente ignorano è che di laboratori di questo tipo ce ne sono anche sul nostro di territorio nazionale. Uno è stato trasferito dal Cairo a Sigonella (come riferito da Franco Fracassi), e uno, udite udite, è a Trieste, città dal carisma mitteleuropeo.

Interessante documento, riguardo quest’ultimo laboratorio, è la Gazzetta Ufficiale uscita lo scorso 15 giugno. Il Centro internazionale per l’ingegneria genetica e la biotecnologia (ICGEB) è stato infatti reso oggetto di una particolare “attenzione” da parte del Governo, conferendogli dei privilegi che per un’azienda privata risultano quantomeno inusuali.

Come si legge sul loro sito, “L’ICGEB è un’organizzazione intergovernativa unica, nata inizialmente come progetto speciale dell’UNIDO. Autonoma dal 1994, gestisce oltre 45 laboratori all’avanguardia, a Trieste, Italia, Nuova Delhi, India e Città del Capo, Sud Africa e forma una rete interattiva con quasi 70 Stati membri, con operazioni allineate a quelle di il Sistema delle Nazioni Unite. Svolge un ruolo chiave nella biotecnologia promuovendo l’eccellenza della ricerca, la formazione e il trasferimento tecnologico all’industria, per contribuire in termini concreti allo sviluppo globale sostenibile”. Ecco la parolina magica: “sostenibile”. Un semplice aggettivo che viene usato oramai come il prezzemolo. Va bene ovunque. Tutto diventa più bello quando lo si apostrofa con questa parola. Dà un’idea di verde (green, come usano dire coloro che sono “all’avanguardia”), fresco, pulito. Virgilio, nell’Eneide, fa pronunciare a Laocoonte la famosa frase “Timeo Danaos et dona ferentes” (temo i Greci, anche quando recano doni). Ecco, il paragone mi sembra appropriato, bisogna diffidare di chiunque usi parole come “sostenibile” o “resiliente”. Nel caso in questione basta dare un’occhiata a chi sono le aziende partner della ICGEB. Fra le altre troviamo “The Bill & Melinda Gates Foundation”, “The National Institutes of Health” (NIH), “New England Biolabs”, vari enti di beneficenza, “Sun Pharma”, “EMBO” e il “Joint Research Centre” della Commissione europea. Molti attori che a vario titolo sono stati coinvolti anche nella “pandemia”.

Fra le cose che sono state stabilite per legge (LEGGE 19 maggio 2022, n. 66 che ratifica un precedente accordo) il Governo l’ha esentata da tutte le tasse, ha reso i suoi locali inalienabili, ha conferito al personale (e ai suoi familiari) immunità totale. Inoltre l’azienda può avere conti in Italia ed all’estero con valute diverse rimanendo esenti da qualsiasi tassazione. Chissà come mai? E perché tanto risalto viene dato ad un’azienda privata e non statale, da metterne addirittura in una legge i privilegi di cui gode (grazie ad un Parlamento dormiente)?

Conclusioni

Vorrei concludere questa mia divagazione sull’oggi (il domani è già presente, purtroppo), con un altro illuminante pensiero del nostro Hariri che, durante un’intervista rilasciata lo scorso maggio, così si è espresso: “Penso che la domanda più grande forse nell’economia e nella politica dei prossimi decenni sarà cosa fare con tutte queste persone inutili? Il problema è più la noia e cosa fare con loro e come troveranno un senso nella vita, quando sono fondamentalmente privi di significato, senza valore? La mia ipotesi migliore, al momento è una combinazione di droghe e giochi per computer come soluzione per la maggior parte. Sta già accadendo… Penso che una volta che sei superfluo, non hai più potere”. E ancora in un’altra del settembre 2021: “Se hai abbastanza dati e hai abbastanza potenza di calcolo, puoi capire le persone meglio di quanto capiscano loro stesse e quindi puoi manipolarle in modi che prima erano impossibili e in una situazione del genere, i vecchi sistemi democratici smettono di funzionare. Dobbiamo reinventare la democrazia in questa nuova era in cui gli esseri umani sono ora animali hackerabili. L’idea che gli esseri umani abbiano questa “anima” o “spirito” e abbiano il libero arbitrio… è finita”. E ancora: “Non abbiamo risposta nella Bibbia di cosa fare quando gli esseri umani non sono più utili all’economia. Servono ideologie completamente nuove, religioni completamente nuove ed è probabile che emergano dalla Silicon Valley… e non dal Medio Oriente. E probabilmente daranno alle persone visioni basate sulla tecnologia. Tutto ciò che le antiche religioni promettevano: Felicità e giustizia e persino vita eterna, ma QUI SULLA TERRA con l’aiuto della tecnologia e non dopo la morte con l’aiuto di qualche essere soprannaturale”.

 

Da qualche parte nella casa paterna dovrei ancora averlo “Topolino e le meraviglie del domani”. Devo andarlo a cercare, perché non mi ricordo bene come vada a finire la storia…

 

*Usate il traduttore automatico se non conoscete l’inglese

Volete libero Gesù o Barabba?

Volete libero Gesù o Barabba?

La frase di Draghi rivolta ad un “giornalista” «Preferisce la pace o il condizionatore d’aria acceso?» non è così banale come molti commentatori hanno chiosato. E questo non perché non lo sia nel suo assunto, molto simile a “volete libero Gesù o Barabba” di biblica memoria, bensì perché cela dietro semplici parole disgiuntive ben altro di ciò che si suppone voglia significare. Ad una poco attenta analisi, infatti, potrebbe sembrare che dietro tale semplicistica domanda si voglia poter giustificare le future restrizioni economiche in primis, e sociali in secundis, a causa del solo conflitto ucraino per porre in atto uno stato d’eccezione permanente (che di fatto c’è già). In realtà è quello che si vuole che venga creduto da parte dei contestatori della narrazione corrente. Questo perché non si tiene presente quale che sia il vero obiettivo della guerra nel vecchio continente, ossia la sua stessa distruzione. Questo fine c’è e rimane a prescindere dalla guerra, che è solo uno dei mezzi per attuarla. Se non ci fosse la guerra (o assieme ad essa) i metodi per farlo li troverebbero comunque, e le restrizioni economiche sarebbero fatte per altre cause. Ad esempio con un nuovo lockdown dovuto ad una nuova (comunque assai probabile) “pandemia”. Quindi quella domanda disgiuntiva serve solo a dare una sorta di giustificazione per la messa in atto di un piano, ben studiato in precedenza, che prescinde dal mezzo usato per portarlo a termine. Per capirci è come dire: «Preferite il dilagamento a vista d’occhio del virus o il lockdown totale per porvi argine?». Qui la scelta è fra due cose entrambe negative, nel primo caso invece è fra due cose positive come la “pace” e il “condizionatore”, quindi sembra essere meno restrittiva. Dovete essere pronti a fare sacrifici, sacrificare le vostre cose e libertà se volete che si ritorni ad un clima di pace e tranquillità per tutti. Ma, ovviamente, questo non è vero.

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