Procede tutto come previsto

Procede tutto come previsto

Confesso la mia passione giovanile per le saghe di fantascienza. In particolare ricordo una frase detta dal “cattivo” per eccellenza della saga di Guerre stellari, l’imperatore Sheev Palapatine (alias Darth Sidious o Lord Sidious) pronunciata in una scena del sesto episodio (terzo film della serie, girato da Richard Marquand) “Il ritorno dello Jedi”, mentre conversava “amabilmente” con un altro dei personaggi iconici della storia, Dart Vader (nel doppiaggio italiano tradotto Fener): “Everything is proceeding as I have foreseen”, ossia “Tutto procede come avevo previsto”.

Questa frase la potrei pronunciare io in base a ciò che avevo scritto in diversi miei articoli già molto tempo fa, oppure, in modo più appropriato, è ciò che m’immagino che si dicano tra di loro i veri fautori del cambiamento epocale che stiamo vivendo (o subendo, dovrei dire). Già, perché le cose non potrebbero andargli meglio.

Tra finti (o appositamente provocati) “cambiamenti climatici”, guerre “false” che altro non servono se non a contribuire alla distruzione dell’economia europea, deportazione di massa di “profughi” che altro non servono (o serviranno) a contribuire a destabilizzare ancor più da un punto di vista soprattutto sociale i Paesi europei (Italialand in primis) già duramente fiaccati da sanzioni (vere o false), provvedimenti vessatori di diverso genere imposti dall’apparato marionetta burocratico di Bruxelles e Francoforte, e ritorni di finte pandeminchie, adattate con nuove varianti di malattie, direi che se fossi al posto loro non potrei che congratularmi con me stesso. Fin qui hanno fatto un ottimo lavoro, ovviamente dal loro punto di vista. Per non parlare di quanto stanno mettendo in opera per il controllo sociale, attraverso la digitalizzazione della moneta e dei dati di tutte le pecore (noi) governate attraverso la tecnologia, il cui strumento principe, come ho già scritto più di una volta, è il nostro oramai inseparabile smartphone.

 

Eh, ma i BRICS…

Dunque una tragedia? “Ma no!”, sostengono gli ottimisti. “Ci sono i BRICS, c’è Donald Trump, c’è Putin…”. Insomma ci sono i “salvatori della Patria” che combattono dalla nostra parte. Almeno questa è la narrativa portata avanti da molta gente facente parte della cosiddetta “contro-informazione”, come ad esempio Cesare Sacchetti con il suo “La cruna dell’ago”. Sospendo il giudizio sull’autore, anche se una mia opinione su di lui me la sono più o meno fatta nel corso del tempo. Certamente ciò che trovo poco credibile è la sua narrazione circa la nascita dei BRICS e la figura di personaggi come Trump e Putin. Al contrario trovo imprescindibile per capire l’interconnessione esistente tra i vari gruppi di potere mondiali l’ottimo blog The mirror truth, che riporta con analisi dettagliate i profondi legami tra l’alta finanza dei soliti noti e i potentati economici mondiali, quelli dei mandarini cinesi inclusi.

Figure come quella di Donald Trump o Elon Musk sono considerate, come dicevo, da parte della cosiddetta contro-informazione come quelle di paladini a cui far riferimento per pensare ad un mondo “vecchia maniera”, come quando sembrava a noi tutti che le cose “fossero normali”. In realtà loro, come lo stesso Putin (vero o sosia che sia), fanno parte, tanto quanto i vari Biden, Trudeau, Sunak, Von der Leyen & Co., della massoneria, solo però in logge avversarie a quelle di questi ultimi.

Tralascio la figura di Putin, perché sarebbe troppo lungo delinearla qui. Trump, che oltre alla famosa storia della sua catena alberghiera salvata dal fallimento grazie all’intervento di una piccola banca di proprietà dei soliti Rothschild (storia molto ben raccontata da Pietro Ratto nei suoi libri “I Rothschild e gli altri” e “Rockefeller e Warburg, le famiglie più potenti della terra”), ha stretti legami, attraverso il genero Jared Kushner con la comunità ebraica cashidica, nonché proprio tramite quest’ultimo ed il figlio Donald Jr., è legato al gigante Blackrock, quindi di nuovo ai Rothschild. Mi voglio soffermare un pochino di più su Musk, da tutti visto come un visionario un po’ pazzoide e genialoide.

 

La mobilità “green”

Tra le tante attività del vulcanico personaggio c’è quella, come tutti sanno, dell’imprenditore, ed in special modo quella di costruttore di auto elettriche con il marchio Tesla. Ma la produzione di auto elettriche ha in sé qualcosa che non torna affatto. Personalmente ho intervistato un operaio della sede berlinese di questa fabbrica di automobili, incuriosito dai metodi, le quantità e le tempistiche di produzione (a Berlino, in particolare, si produce il modello Y della gamma). Ebbene, con mio sommo stupore ho scoperto che ogni giorno lo stabilimento di Musk sforna circa 1.000/1.200 auto (una ogni 45 secondi, secondo un ciclo di produzione H24 suddiviso in tre turnazioni di lavoro, da 8 ore ciascuna). Ovviamente il numero di vetture prodotte, che si vorrebbe portare ad una ogni 40 secondi, dipende da inconvenienti che possono capitare in catena di montaggio. Tradotto tutto ciò vuol dire che al ritmo attuale di produzione lo stabilimento sforna ogni mese circa 36mila vetture, ossia 432mila all’anno. Se si scendesse come tempo di realizzazione ad una ogni 40 secondi (in Asia già producono al ritmo di una ogni 35 secondi), vorrebbe dire una produzione media di 720mila veicoli all’anno. E questo solo per il modello Y.

Ora, calcolando che, secondo il Sole24 Ore, la produzione di auto elettriche BEV (Battery Electric Vehicle, quindi non ibride) venduta lo scorso anno in Europa ammonta a 1,56milioni di unità (di cui Tesla appunto con il suo modello Y la fa da padrone con 137mila veicoli venduti, seguita dall’altro suo Modello 3 con 91.500 veicoli venduti) e con un ritmo di produzione sempre in crescita (almeno stando alle previsioni) la domanda sorge spontanea, come avrebbe detto Catalano: ma con tutte queste auto elettriche prodotte, cosa pensano di farci? Questo quesito nasce anche dalla considerazione che il terzo modello venduto è risultato essere l’ID.4 della Volkswagen, ma con solo 67.500 immatricolazioni e tutti gli altri modelli a calare. Per non parlare del fatto che il prezzo medio di una Tesla Y va dai 50 ai 60mila euro circa. Quanti europei si potranno permettere il lusso di lasciare le proprie “vecchie” auto a combustione, magari comprate solo un paio di anni fa, in favore di un veicolo elettrico?

Tutto questo per non dire della “presunta” convenienza dell’elettrico, sia in quanto a costi di produzione e rendimento energetico, sia in quanto a possibilità reali di produzione di “energia pulita”. A tal riguardo molto interessanti sono le considerazioni fatte dall’ingegner Fabio Castellucci (le potete trovare in diverse interviste online: ad esempio qui o qui).

A mio parere troveranno quindi una qualche forma di “incentivi” per far passare forzosamente alla mobilità elettrica, magari rendendo di fatto impossibile sostenere economicamente i costi di un’auto “tradizionale”, offrendo nel contempo la meravigliosa possibilità di usufruire di una BEV (e quindi del potersi spostare con un mezzo “proprio”) in cambio dell’ennesima dose di vaccino o della definitiva abdicazione della privacy. Il tutto nell’ottica del massimo spostamento consentito nelle “città da 15 minuti”, quindi perfette per la scarsa autonomia della mobilità elettrica. In pratica ve ne dovete stare in recinti cittadini, dove potete essere facilmente controllati. Il tutto sempre con la scusa della “salvaguardia dell’ambiente”. In pratica avremo una massa di persone convinte che il mondo sta morendo a causa della scelleratezza umana. A tal uopo hanno creato una massa di giovani generazioni di “dementi per il clima”, i quali, tra una secchiata di vernice ad un’opera d’arte o un monumento e un’incollata d’arti all’asfalto cittadino, pensano di salvare il pianeta. Il tutto rimproverandovi, voi sporchi automobilisti di Panda inquinanti! Tralasciando il fatto che nel medesimo tempo i potenti della terra si riuniscono periodicamente in luoghi favolosi del pianeta per dire a noi tutti come dobbiamo comportarci per non inquinare, mangiando grilli e carne sintetica, mentre loro si spostano esclusivamente con jet privati, mangiando manicaretti assai costosi, prodotti e cucinati alla “vecchia maniera”.

 

Il meraviglioso mondo di Italialand

Dunque, mentre i destini del mondo passano attraverso la “finta” guerra ucraina, l’ennesimo rigurgito di pandeminchia, i “cambiamenti” climatici, l’immissione forzata e forzosa di africani nel Vecchio continente e la sempre più manifesta rovina economica di quest’ultimo, nel meraviglioso mondo di Italiand, fra le tante minchiate (per i puristi della lingua, vedasi il link messo) con le quali vengono cibati gli italioti, due in particolare hanno occupato per settimane intere tutti i mass-media ed i salotti “bene” e “non” della Penisola: il generalissimo Roberto Vannacci, detto (da me) “piedone l’africano”, e la pesca del desiderio dell’Esselunga.

Il primo l’ho voluto soprannominare così perché mi ha ricordato molto, in un’immagine pubblicata per il settimanale italiota “Chi”, un personaggio interpretato da Bud Spencer (Carlo Pedersoli) in una tetralogia uscita negli Anni Settanta per la regia di Steno. Il generalissimo, personaggio creato ad hoc per spostare l’attenzione dell’italiota medio, è palesemente un gatekeeper, per usare un linguaggio “moderno”, ossia un infiltrato del sistema, come si sarebbe detto una volta. Magari fonderà anche un suo movimento politico, per dividere (come se ce ne fosse bisogno) ancora un po’ l’opinione pubblica nostrana. D’altra parte l’uomo forte, tendente al cazzone, ops… volevo scrivere allo sbruffone, è sempre piaciuto dalle nostre parti.

Ma si sa, gli italioti sono anche molto ondivaghi, quindi bisogna dargli anche storie più “leggere” e di “buoni sentimenti” su cui spostare la propria attenzione. Quindi? Che si fa? Ma semplice, si monta un caso su cui farli discutere animatamente per settimane a partire da uno spot commerciale “paraculo”, come si direbbe nella Capitale. Uno spot di quelli strappalacrime, come quelli che ogni anno, puntualmente, sotto Natale, sforna in Germania una notissima catena di supermercati. Buoni sentimenti nei confronti della nonna o del nonno di turno questi ultimi, buoni sentimenti nei confronti della piccola bambina di genitori divorziati nel primo.

D’altra parte perché mai dovrebbero focalizzarsi su una situazione economica e sociale a dir poco disastrosa i concittadini della bella famigliola della Esselunga? Non sia mai che poi a qualcuno (oramai un essere in via d’estinzione) gli venisse voglia di protestare, o chessó, di ribellarsi contro il governo fantoccio di turno.

Già, perché non vale neanche la pena oramai vedere chi sia l’incaricato di turno a passare le carte a Palazzo Chigi. A tal proposito il concetto lo aveva ben chiarito il salvatore della Patria Mario Draghi, allorquando ricopriva ancora il ruolo di capo della BCE: “I mercati non temono le elezioni, le riforme hanno il pilota automatico”. Ed è solo quello che conta. Le decisioni vengono prese altrove. Il popolo, in pratica, s’illude di contare qualcosa attraverso la scelta di candidati fantoccio di questo o quel partito. Esemplare a tal riguardo la frase dell’altro uomo forte di Goldman Sachs, il venerabile professor Mario Monti, allorquando in un’intervista del 2015 ebbe a dire:Si può sperare che l’opinione pubblica acquisti consapevolezza della perdita di leadership da parte di chi governa? È possibile che le pecore prendano a guidare il pastore nella buona direzione, assumendo anche il controllo del cane da pastore? Un po’ difficile.”. Quindi pecore, pascolate e zitte!

 

Israele, bel suol d’amore

Mentre sto per concludere questo mio lungo articolo (come al solito, direte voi! Ma d’altronde non si possono racchiudere così tanti argomenti e considerazioni in un tweet) arriva la notizia dell’attacco di Hamas in più parti d’Israele. La situazione è tutt’ora in divenire e, a parer mio, è un po’ troppo presto per dire cosa stia realmente accadendo: reale attacco secondo gli uni (ossia i sostenitori di Israele), “false flag” secondo gli altri (i sostenitori dei palestinesi). È molto probabile che possa trattarsi dell’inizio vero e proprio dell’escalation della Terza guerra mondiale (già in corso in più parti del globo: Europa, Africa, Asia ed ora Medio Oriente sotto diverse forme). In ogni caso è l’ennesimo sintomo della lotta che si sta svolgendo ai vertici dei gruppi di potere massonici, mai come ora in contrasto tra di loro per decidere chi sarà a guidare il mondo prossimo venturo, quello del controllo digitale verso cui tutti, nessuna delle grandi potenze escluse, si stanno dirigendo a vele spiegate.

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Youtube © Star Wars

Libertà va cercando…

Libertà va cercando…

Marco Porcio Catone Uticense era fiero ed acerrimo nemico di Gaio Giulio Cesare. Caratteristica del personaggio era, anche a detta dei suoi nemici, di essere uomo retto, scomodo, imparziale e coerente. Talmente lo era che preferì togliersi la vita invece che accettare la grazia da parte dell'”homo novus” che avanzava, ovvero lo stesso Cesare, suo avversario politico. Per lui la libertà contava più della sua stessa vita.

Proprio per questa sua caratteristica padre Dante lo mette nel Purgatorio, e lo immortala con la famosa terzina:

…libertà va cercando, ch’è sì cara,
come sa chi per lei vita rifiuta. (Purg. I, 71).

Il concetto di “libertà” è sempre stato molto dibattuto nel corso della Storia, e la Filosofia contemporanea in particolare se n’è occupata a lungo. Per Kant la libertà riguardava un soggetto universale ed astratto, ma de-socializzato e de-storicizzato i cui  imperativi  erano totalmente astratti. Fichte, contemporaneo di Kant, capì che la libertà kantiana, presupponendo l’esistenza dogmatica della “cosa in sé”, rappresentava un presupposto  dogmatico della immodificabilità del mondo. Lui, al contrario riteneva che la libertà è sempre relazionabile alle singole situazioni,  ossia è un concetto sempre determinato. Ad esempio, per chi sta morendo di fame è poter mangiare e bere, e non “libertà di parola”. Al centro dell’analisi filosofica c’è il bene, la verità, non la libertà. Hegel di quest’ultima ne parla profusamente in diverse opere ed in particolare nei “Lineamenti di filosofia del diritto” chiarisce bene il concetto, recuperando quello di Platone ed Aristotele e inserendo l’individuo nella vita pubblica concreta. La società civile non è il luogo della competitività degli individui aventi la libertà di mandarsi in rovina a vicenda, perché per Hegel la comunità deve mettere in campo quelle radici etiche (come la scuola pubblica che deve dare pari opportunità a ciascuno di evolvere). La libertà è una relazione fra individui egualmente liberi, ma per essere egualmente liberi non basta avere la possibilità liberale di non nuocersi a vicenda, bensì ci devono essere anche i diritti di ciascuno (materielle Rechte), per primo il diritto all’esistenza, poi altri quali la sanità, l’istruzione, il lavoro (diritto-dovere quest’ultimo) e non ultimo il diritto al sostentamento. Gli individui, dunque, sono liberi nella misura in cui si realizzano nel quadro della comunità.

Il virus e la paura di morire

Per venire dunque ai nostri giorni, la massima che si sente spesso in base alla quale la “mia libertà finisce dove inizia la tua” non è che un vuoto assioma. Semmai è la tua paura che deve finire dove inizia la mia libertà. Il concetto di “libertà” viene oggi declinato come diritto di non essere contagiato, come diritto alla “salute” e non come diritto di scegliere. La salute viene messa come bene universale e necessario, scambiando un valore del singolo, o un suo bisogno psicologico, con un obbligo dell’intera comunità. Il che è un falso principio. E questo al di là dei veri e propri isterismi a cui stiamo assistendo in questo periodo, in cui stiamo vedendo scene che fino a un paio di anni fa chiunque avrebbe giudicato insensate (gente che aggredisce chi, da solo all’aria aperta, cammina senza mascherina, droni che inseguono persone in spiaggia, abusi di tutti i tipi da parte delle “forze dell’ordine”, ecc.). Ricordo solamente che in nome della libertà centinaia di milioni di persone nella storia hanno sacrificato la propria vita, mettendola al di sopra della propria incolumità o salute.

E ciononostante non si può ugualmente far assurgere la libertà a bene universale e necessario. Tu ti senti libero ad indossare un’inutile mascherina all’aperto (il virus più terribile che la storia ricordi, a detta dei media di regime, si ferma in pratica con una mutanda), quando sei distante dagli altri? Fallo pure se ti fa sentire “sicuro”, ma questo non comporta che lo debba fare anch’io necessariamente, perché non ti nuoccio in alcun modo. Se ti vuoi vaccinare, credendo che questo ti protegga dal virus, fallo pure. Questo non vuol dire che lo debba obbligatoriamente fare anch’io, visto che il “vaccino” (più correttamente farmaco sperimentale) non impedisce che un vaccinato possa trasmettere il virus agli altri, bensì, “effetti collaterali” a parte, dovrebbe innescare nell’organismo dell’individuo (tramite la famosa proteina spike) una reazione anticorpale tale da proteggerlo dal virus. Il tutto con una probabilità che ciò avvenga, che varia da individuo ad individuo e che, al massimo (a seconda del “vaccino”), può arrivare a poco più del 90 per cento dei casi. Questo senza contare il fatto che molti illustri scienziati ritengono che i dati forniti a tal proposito dalle case farmaceutiche sono ampiamente falsati.

Il vaccino panacea miracolosa

Il vaccino, questa moderna panacea contro i mali che affliggono l’umanità (non solo contro il Covid-19), è recentemente al centro dell’attenzione mediatica internazionale. Le multinazionali del farmaco in uno slancio di “generosità”, come non ce n’erano stati prima, si sono buttate a capofitto per trovare la pozione magica salvifica. E, quel che più è stato lodato, in pochissimi mesi l’anno trovata. Peccato però che non abbiano avuto, a quanto pare, l’accortezza di testare tale “arma da fine di mondo”. Un vaccino (e questi trovati non lo sono in senso stretto, perché in realtà si tratta di veri e propri farmaci) necessita di un periodo di test variabile, fino a dieci anni. Ma mai inferiore ai tre. Solo per fare un esempio l’AIDS (Acquired Immune Deficiency Syndrome), derivante dal virus dell’HIV (Human Immunodeficiency Virus), non ha a tutt’oggi visto un rimedio definitivo. E questo dal lontano 1981, allorquando venne alla ribalta per la morte sospetta di cinque omosessuali a Los Angeles (il virus aveva scelto l’uomo come suo “ospite” molti anni prima in realtà). In pratica ancora non esiste un vaccino in grado di sconfiggere questo virus. Quindi come si possa affermare che in pochissimi mesi si sia trovato il rimedio per il Covid-19 rimane un mistero, tant’è che le stesse case farmaceutiche non permettono di sapere esattamente il contenuto dei vaccini, e hanno chiesto l’immunità in caso di “eventi collaterali avversi”.

Ma servono questi vaccini? A detta di molti studiosi no. Fra i numerosi di casa nostra a sostenerlo ci sono il dottor Stefano Montanari, laureato in Farmacia con una tesi in Microchimica, e sua moglie Antonietta M. Gatti, fisico e microbiologa che si occupa da anni di nano patologie. Ma oltre a loro ci sono la dott.ssa Loretta Bolgan, laureata in Chimica e Tecnologie Farmaceutiche, con un dottorato di ricerca in Scienze farmaceutiche, e il dottor Francesco Oliverio, psichiatra e pneumologo.

D’altra parte non ci vuole un genio nel campo medico per capire che ciascun individuo reagisce tanto ai virus, quanto ai vaccini o medicinali in modo completamente differente. Quel che può far bene a te, per intenderci, può far male a me. Per questa ragione sarebbe importante, prima di iniettarsi qualsiasi vaccino, fare analisi specifiche per vedere se il nostro organismo non possa risentire del contenuto che ci andiamo ad iniettare.

Vaccino miracoloso vs aspirina

A questo proposito l’argomentazione di quanti affermano: “Eh, prendono qualsiasi medicina che nel bugiardino ha un innumerevole elenco di effetti collaterali possibili, ivi inclusa la morte, perfino nella comune aspirina, e poi non si fidano di un vaccino (sempre salvifico)”. Oppure: “Eh, ma vuoi mettere? In percentuale quante sono le possibilità che il vaccino ti possa nuocere paragonate a quelle in cui questo non accade? Non c’è paragone!”. Già, piccolo particolare, però, che anche fosse solo uno il caso avverso, già basterebbe. E questo in base a quel principio di precauzione che sembra improvvisamente essere passato di moda. Anche un solo morto deve bastare. Anche perché quel morto potremmo essere noi stessi. Riguardo alla prima “boutade” si può semplicemente far notare che mentre quando si firma un consenso per, ad esempio, farsi iniettare il liquido di contrasto per fare una TAC, cosa c’è nel liquido lo si sa eccome, ed è stato ampiamente testato. Al contrario, qui, non si sa minimamente cosa ci si sta iniettando in vena e, soprattutto, non se ne conoscono le reazioni possibili a medio-lungo termine. Inoltre qui si prospetta l’obbligo vaccinale, chiedendo nel contempo l’immunità per chi deve iniettare il vaccino. Perché mai? Basterebbe farsi questa semplice domanda per capire che c’è qualcosa che non va. Inoltre, visto che a detta della stessa OMS, il vaccino servirebbe per proteggere noi, ma non gli altri dal pericolo che li possiamo contagiare, allora perché i vaccini obbligatori? Perché dovrei iniettarmi in vena qualcosa di cui non si può sapere il contenuto (è stato firmato un contratto a questo proposito fra le case farmaceutiche e la UE e gli altri Paesi) se questo non mi consente di tornare alla vita di prima? E se io preferissi morire a causa del Covid, perché non sarei libero di farlo? Forse perché darei il “cattivo esempio” agli altri? Non voglio parlare delle famose “varianti”, che si producono proprio perché si sta vaccinando. Che non si vaccini durante un’epidemia lo dicono tutti i virologi. Questo perché con il vaccino, il virus, sentendosi attaccato dagli anticorpi, per sopravvivere muta, generando appunto le varianti (non coperte dal vaccino che è stato messo in giro per il mondo in questo periodo. A questo proposito vedetevi il video della dottoressa Bolgan messo sopra). Ma la cosa ancora più pericolosa a seguito delle vaccinazioni in atto è la possibilità della comparsa delle cosiddette “chimere”, ossia nuovi virus che con quello di partenza non hanno nulla a che vedere e che, pertanto, non si conoscono con tutte le conseguenze del caso.

Un capitolo a parte spetterebbe alle cure domiciliari, che ci sono e funzionano se la malattia viene presa nei primi stadi, ma che vengono demonizzate e messe alla berlina. Come nel caso del dottor Mariano Amici. Oppure a terapie ospedaliere come il plasma iperimmune usato dal dottor De Donno.

Eh, ma in Israele…

Israele, come il Cile e, ora, la Gran Bretagna, vengono portati come esempi di successo della campagna vaccinale mondiale. Mi soffermerò brevemente solo sul primo caso, per non allungare ulteriormente questo lungo pezzo. Israele, circa 9milioni di abitanti in tutto, ha visto salire vertiginosamente il numero delle morti proprio dopo l’inizio della vaccinazione di massa, passando a fine gennaio, dai 5mila morti per Coronavirus in tutto l’anno precedente, a circa 6mila e 200, in un solo mese, per effetti collaterali del vaccino. Ma come mai questo Paese ha deciso di vaccinare tutti in così breve tempo? Forse perché il primo ministro Benjamin Netanyahu ha firmato un contratto con la Pfizer che prevede la quasi totalità della popolazione vaccinata in pochissimo tempo? E questo in quanto che il Paese ha la singolare caratteristica di essere un caso più unico che raro, giacché la popolazione è catalogata da un punto di vista sanitario, grazie ad un gigantesco database centralizzato. In pratica i dati sanitari di ogni cittadino sono tutti registrati. Quale migliore occasione per testare un farmaco sperimentale, come in un gigantesco laboratorio con 9milioni di cavie? Neanche durante il nazismo. La storia alle volte usa la pena del contrappasso.

 

Il virus per distruggere la piccola e media impresa

Sul fatto che il virus abbia origine artificiale oramai non c’è più dubbio. Lo aveva detto il premio Nobel per la medicina Luc Montagnier, scopritore dell’HIV. E per questa affermazione era stato messo alla berlina da parte dei media di mezzo mondo (si era mostrata una sua foto, durante un’intervista, dove si vedeva una bottiglia di vino poggiata su un camino alle sue spalle. Ovviamente facendo capire che fosse un ubriacone) e da “illustri” scienziati (o presunti tali, solo per il fatto di comparire ogni giorno sui media nostrani) di parere contrario. Salvo poi “ricredersi” quando la cosa è apparsa evidente. Ovviamente si dice che il virus, in ogni caso, era probabilmente sfuggito di mano a qualche scienziato “distratto”.

Ovviamente a una “svista” neanche un bambino delle elementari crederebbe. E infatti

Ma allora il virus a cosa serve? Beh, a dirlo, senza oramai neanche più nascondersi, sono i signori dell’élite mondiale, riunitisi a Davos lo scorso gennaio. Occorre passare ad un Nuovo Ordine Mondiale. Il che vuol dire la trasformazione dell’industria classica a favore della digitalizzazione e del falso “green”. Dico falso perché, in realtà, le industrie “green” non esistono, e i loro possessori sono gli stessi che posseggono quelle “classiche” e “inquinanti”. La corrente utilizzata per caricare (dove?) le auto elettriche secondo voi da cosa è prodotta? “Beh, dall’eolico e dal solare”, direte voi. E invece no! Nella stragrande maggioranza è prodotta proprio dalle vecchie centrali a carbone o lignite (ancora più inquinante), o dalle centrali nucleari in quei Paesi che l’energia la producono anche così (come la Francia, per rimanere vicino a noi). Per fare un esempio di quanto ancora sia lontanissimo il “miraggio” della corrente prodotta dall’eolico e dal solare basti pensare che la Germania, Paese che dell’eolico in particolare ha fatto un vero e proprio vessillo dopo la cosiddetta dell’Energiewende (la svolta energetica con l’abbandono del nucleare) decisa nel 2011 dopo il disastro di Fukushima, in Giappone, produce solo il 25 per cento circa del suo fabbisogno energetico da questo settore. Eppure la “locomotiva d’Europa” è disseminata di pale eoliche. Per non parlare del fatto che non esistono ancora batterie atte a conservare l’energia prodotta per lungo tempo, prima di essere utilizzata. Ogni anno l’asticella del raggiungimento degli obiettivi auto-stabiliti (a parole) della limitazione delle emissioni dannose nell’aria viene spostata sempre più in là, perché non vengono mai rispettati. E ora si sta pensando di tornare al nucleare con i reattori a doppio fluido, ossia quelli che sono montati sui sottomarini ad energia nucleare. Nel mondo ancora i prodotti energetici chimici del carbone, del petrolio e del gas forniscono più di quattro quinti dell’energia per l’umanità (81,1 per cento).

Tuttavia il virus serve a favorire un cambiamento a favore della grande produzione. La piccola e media impresa dovrà sparire dalla faccia della terra, tranne qualche piccolissima nicchia di eccellenze di cui anche le élite economiche del pianeta si vogliono servire perché sarebbe impossibile stravolgerne la produzione senza intaccarne la qualità. Tutti gli altri o si dovranno adeguare, facendosi inglobare dalle multinazionali, oppure saranno strozzati e poi comprati per due soldi. Dovranno rimanere solo i grandi gruppi. Tutto è stato ben calcolato, minimo dal 2015, ma secondo me da ben prima. Alla fine la gente, stremata dalle non casuali chiusure ad organetto, o lockdown per usare un termine “moderno”, che altro non servono che a far fallire le piccole medie aziende appunto (e non per la salvaguardia sanitaria della popolazione. Qui al minuto 2:47 circa), sarà costretta in un primo momento a vendersi ciò che ha risparmiato per sopravvivere. Poi, finiti i soldi, per evitare inevitabili ribellioni, verrà concesso dalle élite un obolo, o reddito universale di cittadinanza che dir si voglia, per sopravvivere e con cui comprare i prodotti che le stesse élite producono. Le proprietà private, altra cosa a cui mirano, non dovranno più esistere e tutto dovrà essere affittato dai grandi gruppi. Per questa ragione viene propagandata in continuazione dai media di regime la storiella (peraltro falsa e smontata in poco dalla Rete) che le vecchie professioni rendevano “infelici” gli individui, che invece ora, con la pandemia, sono costretti a fare lavoretti da studentelli liceali per quattro soldi, ma ovviamente“felici”. Come i servi della gleba di una volta. Tutto questo è stato ben chiarito dalla monetarista Nicoletta Forcheri.

Il virus come metodo d’educazione

Bisogna “abituarsi” all’idea del virus. E per farlo, oltre ai vaccini, servono quei feticci che sono le mascherine, oltre al “distanziamento sociale” (parole non casuali, usate invece di distanziamento fisico). Gli individui che “lavorano da remoto” (quelli che lo possono fare) sono isolati e più deboli, proprio perché divisi. Sono anche controllabili, perfino con software appositi, come mette ben in evidenza lo storico e docente di Filosofia Pietro Ratto. Inoltre la censura cade come una mannaia su chiunque tenti di rompere il muro d’omertà che è stato creato attorno alla narrativa del Covid o metta semplicemente in dubbio il pensiero del mainstream. Io stesso, nel mio piccolo, sono stato più volte censurato da Facebook, con minaccia di chiusura del mio account per “violazione delle norme della community” (non specificate ovviamente). Proprio per questa ragione ho deciso di acquistarmi uno spazio web indipendente, o meglio tale finché i server che mi ospitano lo permetteranno. Se date fastidio, a qualsiasi titolo, nel mondo del digitale basta un click per farvi sparire. Esemplari le chiusure prima degli account Twitter e Facebook di Donald Trump, quando ancora era Presidente, o la cancellazione (poi ritirata) del canale Youtube di RadioRadio o quella più recente del canale di Byoblu (a quanto sembra definitiva). Google, il più potente motore di ricerca usato al mondo, potrebbe farvi sparire dai risultati di ricerca o celare a voi informazioni che state cercando.

Pensateci, un domani potreste essere voi la prossima vittima senza più voce per esprimere il vostro pensiero. È sempre una questione di… libertà.

 

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Everybody lies