Il re è morto. Viva il re!

Il re è morto. Viva il re!

Una breve premessa

Chi scrive è stato in passato, direi per un lungo periodo, un simpatizzante di “sinistra”, anche estrema oserei dire. Questo sempre al netto del fatto che ciò è accaduto quando, in qualche misura, della divisione tra “sinistra” e “destra” nella politica italiana ancora si poteva parlare, e sempre che in realtà abbia un senso dire di “essere di sinistra” o “essere di destra”. Solo il passare degli anni, infatti, mi ha insegnato che anche le ideologie (poco importa quali) sono sempre state utilizzate dal “vero” potere per comandare e soggiogare i popoli di tutta la terra. Questi ultimi, invece, hanno sinceramente aderito ai ruoli che di volta in volta venivano loro offerti, spesso anche a costo della propria vita e di quella delle persone a loro care.

Questa breve introduzione solo per non ricevere, dai soliti quattro cretini lobotomizzati, gli usuali epiteti che sono stati addestrati ad utilizzare, come i cani di Pavlov, nei confronti di chi la pensa diversamente dalla narrativa corrente del politically correct.

 

Una storia italiana. O forse no

Era il 17 febbraio 1992 quando l’allora, quasi sconosciuto, pubblico ministero Antonio Di Pietro ottenne dal Giudice per le indagini preliminari Italo Ghitti un mandato d’arresto per l’ingegner Mario Chiesa, presidente del Pio Albergo Trivulzio, nonché esponente di spicco del PSI milanese, per un’indagine iniziata l’anno prima che lo vedeva coinvolto in prima persona in una vicenda di corruzione amministrativa e di pagamenti di mazzette. Era solo l’ago nel pagliaio e rivelò ben presto un giro di tangenti che da anni era praticato in tutto il Paese, ma che tutti facevano finta che non esistesse. Le indagini si allargarono e, dopo le elezioni politiche dei primi di aprile di quell’anno, disastrose per tutte le formazioni (Lega e Rete di Leoluca Orlando escluse), fu un susseguirsi di accuse, dimissioni e, in alcuni casi, anche suicidi sia di politici che di imprenditori (fra gli altri l’ex presidente dell’Eni Francesco Cagliari e l’imprenditore Raul Gardini, presidente del gruppo Ferruzzi-Montedison, entrambi coinvolti nella storia della tangente “Enimont”). In poco più di un anno fu travolta un’intera classe politica, capi di partito in testa. Si registrarono anche diverse minacce di morte allo stesso Di Pietro (personaggio, per altro, niente affatto adamantino. Ma sarebbe troppo lungo parlarne qui.). Le inchieste, oramai numerosissime, videro coinvolta perfino la Guardia di Finanza. Solo il vecchio PCI sembrò essere toccato marginalmente da quest’ondata di scandali. Ma, in realtà, il motivo per il quale non fu coinvolto direttamente è ben altro. Ne riparlerò più in là in questo articolo.

Tutto ciò portò, come vedremo presto, alla fine della prima Repubblica, per usare un’espressione giornalistica.

 

Fozza Itaia

Ricordo perfettamente una sera del 1992 quando con alcuni amici stavamo girando per le strade di Roma chiacchierando. Ad un certo punto, nella zona di San Giovanni, notammo tutti dei cartelloni pubblicitari che esponevano l’immagine a tutto schermo di un neonato sorridente con sopra la scritta “Fozza Itaia”. Ci facemmo subito tutti la stessa domanda: “E questa, che roba è? Sembra uno slogan calcistico!”. Anche se i pubblicitari lo negarono in seguito, nessuno mi leva dalla testa che fossero, per così dire, le prove tecniche di trasmissione per il nuovo partito, già previsto, che sarebbe stato fondato nel gennaio del 1994, dopo la sua entrata in politica nell’ottobre dell’anno prima, da un imprenditore milanese: Silvio Berlusconi.

Il motivo per il quale, oggi, a distanza di anni, ritengo che non fossero casuali quei cartelloni pubblicitari è che poco più di due anni prima, esattamente il 9 novembre del 1989, era caduto il Muro di Berlino. Da allora si decise altrove che l’assetto politico europeo dovesse cambiare e che l’Italia in particolare dovesse dare spazio ad una classe politica nuova, che sostituisse la vecchia che, seppur corrotta e corruttibile, aveva il grandissimo peccato di essere formata da uomini politici autentici, cioè la cui formazione era stata quella politica reale e che, a modo suo, teneva comunque al bene generale del Paese. In altre parole bisognava spazzare via chi aveva ancora un concetto di mondo multi-polare e non globalista e la cui visione dei rapporti di forza risentiva ancora di “valori” politici, sociali e morali che appartenevano allo sviluppo dei secoli precedenti. La fine del 20esimo secolo, al contrario, doveva preparare a quei principi unificatori e annullatori delle differenze di pensiero che tutt’oggi sono le linee guida dei recenti sviluppi internazionali.

Proprio per questo motivo, quella che sto qui riassumendo, non è forse (come ho scritto sopra) proprio del tutto una “storia italiana”. E questo tanto per quanto riguarda la storia di “Tangentopoli”, quanto per l’entrata in campo (come usava dire lui stesso, mutuando il termine dal suo amato calcio) di questo personaggio tanto controverso, quanto atipico della politica italiana.

Nel bene e nel male il politico Berlusconi, assolutamente inscindibile dall’imprenditore, ha caratterizzato circa 17 anni della politica e società italiana: dalla fondazione ufficiale della sua Forza Italia nel gennaio del 1994, fino al 12 novembre del 2011, data delle sue dimissioni “forzate” da Presidente del Consiglio. Tali dimissioni, come notai all’epoca discutendo con i miei amici della sopra citata sera del 1992, erano state in realtà un vero e proprio “colpo di Stato” ad opera dell’allora Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano* (forse il peggiore Presidente che la Repubblica italiana abbia mai avuto assieme all’attuale) e della comunità politica ed economica internazionale. Quest’ultima era la vera mandante di ciò che fece in pratica Napolitano. Molto probabilmente l’imprenditore Berlusconi fu ricattato. Le azioni di Mediaset iniziarono a perdere il proprio valore scendendo in picchiata per tutto il 2011, perdendo ben il 45,5 per cento già solo fino ad agosto. Non le andò certo bene anche per gli anni immediatamente successivi. Fu creata, nel 1987 e valeva 4miliardi a fine 1996, l’anno della quotazione in Borsa, per poi toccare i 30miliardi ad inizio del 2000, con l’avvento di Internet. Da allora però è stato un lento, inesorabile declino fino ai circa 1,7miliardi odierni, meno della metà di quanto valeva al momento della quotazione di 27 anni fa. In pratica Goldman Sachs & Co. fecero capire al Cavaliere che era arrivato il momento di cedere le redini del comando. E fu così che iniziò l’era Monti.

 

Berlusconi il corruttore

Sicuramente Berlusconi ha contribuito a peggiorare da diversi punti di vista il già traballante Paese della fine degli Anni 80. Sono il primo a ritenere che con le sue televisioni, grazie alla complicità di personaggi come Maurizio Costanzo e il di lui marito (no, non è un lapsus il mio…) che hanno portato nelle case degli italiani, già di loro tendenti alla superficialità, il peggior qualunquismo e la peggiore volgarità legata agli istinti primari (pappa, sesso becero e popò). È inoltre vero che il personaggio Berlusconi (e anche questo non è un caso) ha usufruito per i suoi progetti imprenditoriali dell’aiuto economico e non della Mafia, che, ricordo a noi tutti, è la “mano sporca” del potere internazionale. Altrettanto lo è che sia stato un corruttore ed abbia commesso forse decine di reati amministrativi e non, oltre ad aver approfittato del doppio ruolo di politico e di imprenditore, con un conflitto d’interessi palese, per far beneficiare, attraverso oltre 70 provvedimenti legislativi ad personam, le sue aziende di vantaggi di ogni genere, anche a danno di imprese dello Stato.

Ebbene, tutto ciò è sicuramente vero (come i molti processi a suo carico hanno più volte provato). Ne ero sicuro anni fa e lo sono ancora. Tuttavia non trovo che, nonostante tutto, il ruolo più grave, più denso di responsabilità in tutto il periodo che Berlusconi ha significato qualcosa per il nostro Paese e non solo, sia stato il suo. Berlusconi si è sempre presentato per quello che era, senza infingimenti. Non è stato proprio così per altri protagonisti della vita politica e sociale italiana.

E qui torniamo al ruolo che svolse, come ho scritto prima, il vecchio PCI durante la fase concitata di “Mani pulite”. Come ho già accennato, il vecchio Partito Comunista, o ciò che ne restava dopo la “svolta” occhettiana del 1991 con la trasformazione in PDS (Partito Democratico della Sinistra). Non è un caso che il nome riecheggiasse quello di uno dei due principali partiti di oltreoceano. Così come non è un caso che a succedere ad Achille Occhetto, secondo me manipolato da altri, nel 1994, anno della vittoria elettorale di Berlusconi, ci fu Massimo D’Alema uno dei più loschi personaggi della politica italiana (non sto qui ad elencare le varie nefandezze accumulate nella sua lunga carriera politica). Quello che una volta era il “portaborse” dei vecchi politici del PCI, diventò protagonista, formando così (assieme ad altri portaborse di altri vecchi partiti) la “nuova” classe politica della “seconda Repubblica” (oggi, con la cosiddetta “terza”, siamo alle mezze calzette di quelli della seconda).

La cosiddetta “sinistra” (che con i “valori” della “sinistra” di una volta non ha più nulla a che fare, così come la “destra” odierna con quella di una volta) in tutti gli anni che è stata al governo, alternandosi con il Cavaliere, non ha mai, dico mai, cancellato nessuno di quei 70 provvedimenti legislativi ad personam fatti passare da quest’ultimo. Un caso? Non direi proprio.

 

Questo o quello per me pari sono

Al vero potere, quello massonico internazionale, Silvio Berlusconi, a sua volta massone, con la tessera della loggia Propaganda 2 (P2) di Licio Gelli (come il già citato Maurizio Costanzo) serviva per portare l’Italia verso quella direzione che, ahinoi, gli fece prendere. Tuttavia il personaggio era, per così dire, istrionico. Aveva la spiacevole tendenza a sentirsi protagonista. In altre parole a fare ogni tanto come cavolo gli pareva, non tenendo conto del fatto che i padroni che lo tenevano al guinzaglio non avrebbero gradito questa sua “autonomia” di vedute. E gliela fecero pagare, fino a scaricarlo quando capirono che, oltre a non servirgli più, stava diventando anche dannoso per i loro piani (Putin, Gheddafi, ecc.). Dall’altra parte, sempre i veri padroni del vapore, per gli italiani (sarebbe meglio chiamarli, come sono solito fare, italioti) hanno inscenato la parte della finta opposizione creando, per l’appunto un partito di “sinistra”, facendogli cambiare nome nel corso degli anni. Ma perché usarono il vecchio PCI (e per l’uopo non lo fecero coinvolgere in “Mani pulite”)? Semplice. Perché il vecchio Partito Comunista era quello che aveva una distribuzione sul territorio capillare e che, attraverso le sue cooperative, poteva meglio raggiungere la maggior parte del popolino lavoratore. Alla medio-alta borghesia ci avrebbe pensato, per l’appunto il Berlusca.

Quando i servetti de “sinistra” avevano iniziato a stancare il popolino cencioso, che sarà pure cencioso, ma c’ha sempre uno stomaco e mal sopporta che chi lo dovrebbe difendere sorseggia a champagne, mangiando caviale (vi ricorda qualcosa di oggi?) fregandosene palesemente di lui, le élite mondiali tirarono fuori dal cilindro la nuova “fint’opposizione”: i 5 Stelle (o stalle, come preferite). Con questi ultimi, come ho già detto altrove, caddi anch’io in inganno e gli diedi il mio voto (dopo circa 30 anni di onorata scheda annullata). Chiaramente non feci lo stesso errore la tornata elettorale successiva.

Oggi, le sinistre “fucsia-arcobaleno”, come le chiama giustamente Diego Fusaro, si stracciano le vesti (colorate) sui “social media” per il fatto che è stato proclamato il lutto nazionale per la morte di Berlusconi (è tutto un “non in mio nome” o “not in my name”, perché in inglese fa più figo, ovunque). Oltre a non importarmi assolutamente nulla dell’atto politico voluto dall’attuale Governo marionetta (cambia la casacca dei burattini, ma i burattinai sono sempre gli stessi), devo dire che trovo semplicemente deprimente il fatto che esistano così tanti decerebrati a piede libero. Sul fatto che abbiano diritto di voto non mi preoccupo più da un pezzo, visto che, come diceva qualcuno (non mi interessa se fosse realmente Mark Twain o meno), “se servisse a qualcosa non ce lo lascerebbero fare”.

Il re è morto, viva il re! Avanti un altro.

 

*Ne avevo parlato in diversi articoli, fra cui qui, qui e qui

Volete libero Gesù o Barabba?

Volete libero Gesù o Barabba?

La frase di Draghi rivolta ad un “giornalista” «Preferisce la pace o il condizionatore d’aria acceso?» non è così banale come molti commentatori hanno chiosato. E questo non perché non lo sia nel suo assunto, molto simile a “volete libero Gesù o Barabba” di biblica memoria, bensì perché cela dietro semplici parole disgiuntive ben altro di ciò che si suppone voglia significare. Ad una poco attenta analisi, infatti, potrebbe sembrare che dietro tale semplicistica domanda si voglia poter giustificare le future restrizioni economiche in primis, e sociali in secundis, a causa del solo conflitto ucraino per porre in atto uno stato d’eccezione permanente (che di fatto c’è già). In realtà è quello che si vuole che venga creduto da parte dei contestatori della narrazione corrente. Questo perché non si tiene presente quale che sia il vero obiettivo della guerra nel vecchio continente, ossia la sua stessa distruzione. Questo fine c’è e rimane a prescindere dalla guerra, che è solo uno dei mezzi per attuarla. Se non ci fosse la guerra (o assieme ad essa) i metodi per farlo li troverebbero comunque, e le restrizioni economiche sarebbero fatte per altre cause. Ad esempio con un nuovo lockdown dovuto ad una nuova (comunque assai probabile) “pandemia”. Quindi quella domanda disgiuntiva serve solo a dare una sorta di giustificazione per la messa in atto di un piano, ben studiato in precedenza, che prescinde dal mezzo usato per portarlo a termine. Per capirci è come dire: «Preferite il dilagamento a vista d’occhio del virus o il lockdown totale per porvi argine?». Qui la scelta è fra due cose entrambe negative, nel primo caso invece è fra due cose positive come la “pace” e il “condizionatore”, quindi sembra essere meno restrittiva. Dovete essere pronti a fare sacrifici, sacrificare le vostre cose e libertà se volete che si ritorni ad un clima di pace e tranquillità per tutti. Ma, ovviamente, questo non è vero.

Gli specchietti per le allodole

Gli specchietti per le allodole

Il modo più certo per dissimulare la realtà e cercare di incanalare il malcontento da parte del potere è sempre stato quello di inserire nel contesto sociale una sorta di “specchietto per le allodole”. Questo nel corso della storia è sempre avvenuto e casi ve ne sono di più e meno famosi, partendo, ad esempio, da Lorenzo Valla che durante il dodicesimo secolo con la sua famosa dissertazione De falso credita et ementita Constantini donatione denunciò come falsa la presunta Donazione di Costantino, testo con cui la Chiesa aveva per secoli giustificato il suo potere temporale, attribuendo all’imperatore Costantino la decisione di donare a Papa Silvestro I (IV secolo d.C.) i domini dell’impero romano d’Occidente. Oppure la figura della pulzella d’Orléans, quella Giovanna d’Arco (Jeanne d’Arc in francese) che guidò, a soli 17 anni, il suo popolo nella riconquista di parte dei territori conquistati dagli inglesi durante la Guerra dei cent’anni.

Ebbene entrambi questi esempi molto probabilmente sono dei “falsi storici”. Provate a pensare al primo: la Chiesa, il potere assoluto, che governava sul mondo già da secoli, avrebbe permesso ad un intellettuale isolato di sbeffeggiarla e metterla in ridicolo, facendo nel contempo una magnifica carriera sotto i pontefici Niccolo V e Callisto III e morendo, infine, molto anziano e ricco. Francamente poco credibile. Come poco credibile risulta la vicenda della pulzella francese, in realtà molto probabilmente una sorella o sorellastra del re Carlo VII (entrambe le vicende sono state ottimamente trattate da Pietro Ratto nel suo “La storia dei vincitori e i suoi miti”).

 

Santa madre Chiesa

Perché sono partito da questi due esempi? Proprio per arrivare ai nostri di giorni. Il periodo distopico che stiamo vivendo è noto a tutti, e sul palcoscenico della storia, almeno quella nostrana, appaiono diversi personaggi che sembrerebbero andare contro la corrente della narrativa mainstream, ampiamente rappresentata giorno e notte. Mi riferisco in particolare a personaggi come l’arcivescovo Carlo Maria Viganò, già nunzio apostolico negli Stati Uniti d’America (fatto non secondario quest’ultimo), assurto agli onori della cronaca più recente per una serie di video rilasciati in Rete nei quali descrive con assoluta lucidità e precisione i fatti e i retroscena a questi insiti di questo disgraziato periodo. Il tutto lanciando precise “accuse” e facendo, per così dire, nomi e cognomi di quelli che farebbero parte del presunto piano orchestrato ad hoc per trasformare il mondo da come lo abbiamo conosciuto fino ad un paio di anni fa in qualcosa, appunto, di distopico ed inimmaginabile. Ma voi pensate davvero che un’istituzione come la Chiesa di Roma, un vero e proprio impero che come nessuno altro nel mondo occidentale è durato tanto a lungo, ossia per più di 2.000 anni, possa mai permettere ad un suo alto prelato di fare impunemente le dichiarazioni che appunto fa monsignor Viganò, senza censurarlo, senza tentare di chiudergli la bocca o di infangarlo in qualche modo? Giusto un bambino di pochi anni potrebbe crederci, ma il mondo fluttuante del web ne è pieno di bambini creduloni, e questa è la vulgata che si è sparsa alla velocità della luce.

 

Trieste

Altro personaggio recentemente venuto alla ribalta della cronaca è Stefano Puzzer, definito come “portavoce” dei portuali triestini che hanno provato a “bloccare” le attività del porto per protesta contro il provvedimento, questo sì di stampo fascista, della presentazione del “green pass” per poter recarsi a lavoro. Innanzitutto chiariamo una cosa: il porto di Trieste non è di proprietà dell’Italia, bensì come stabilito dal trattato di Parigi del 1947 (a seguito della Seconda Guerra Mondiale) e con successiva reiterazione di 10 anni dopo, è un territorio sotto tutela degli Stati Uniti e della Gran Bretagna. Infatti è detto porto franco e, in teoria, la polizia italiana lì non avrebbe neanche potuto metterci piede. Dal settembre dello scorso anno il colosso tedesco di Amburgo “Hamburger Hafen und Logistik Ag” (Hhla) ha concluso l’intesa per entrare nella Piattaforma Logistica del porto (con una quota pari al 50,01 per cento), una infrastruttura nata sulla carta nei primi Anni 2000, considerata tra le più grandi opere marittime del Paese negli ultimi dieci anni. In pratica sono i soci di maggioranza. Al porto di Trieste giungono le merci provenienti dalla Cina e dirette nel Nord Europa. Sempre lì arriva tutto il petrolio destinato a rifornire la Baviera, regione tedesca di vitale importanza per l’economia germanica e non solo.

Ora immaginate voi le élite americane ed inglesi (oltre a quelle tedesche) starsene lì a vedere in televisione l’inizio di una potenziale pericolosa sommossa del popolino cencioso, che vorrebbe fermare le attività del porto per protestare contro la tessera di stampo fascista istituita da loro stesse. Secondo voi, potevano mai stare con le mani in mano, senza far niente, a vedere che noi povere formichine iniziavamo ad agitarci con le nostre zampette e che, potenzialmente, a medio-lungo periodo potevamo iniziare a costituire un problema “imprevisto”? Ma quando mai! Allora che fare? Beh, secondo me la cosa più logica sarebbe stata proprio quella di inserire un elemento per così dire “rabbonitore” delle folle in rivolta, per far “ribellare” le pecore con pacata compostezza, così, senza violenze, come piace ai mezzi mainstream che riprendono le facce dei poveri disgraziati che provano a protestare in piazza, salvo poi additarli come pericolosi estremisti se provano ad opporsi ai soprusi della Polizia e dei servizi segreti.

Quando poi qualcuno, come è accaduto, fra i veri portuali in rivolta (il signore in questione non fa lo scaricatore di porto, bensì il sindacalista in giacca e cravatta. Normalmente) ha iniziato a nutrire dubbi sulla figura del “Masaniello” perbenista triestino, allora è arrivato il momento di farlo uscire di scena con un coup de théâtre, facendolo scendere nella Capitale, con il suo banchettino educato, in attesa di non si sa bene cosa (visto che s’era capito fin dal primo giorno di proteste a Trieste che in realtà non ci sarebbe stato nessun tipo di risposta alle istanza dei “rivoltosi”), per poi prelevarlo in modo “misterioso” verso le quattro del pomeriggio e portarlo in “questura” (così dice la vulgata diffusa da lui stesso) per accertamenti. Salvo poi sentirlo a sera inoltrata, al telefono, dire che era stato fatto allontanare da Roma, con una sorta di daspo di un anno sul territorio della Città eterna.

A parte il fatto che sarebbe bastato che spostasse la sua protesta, chessò, a Fiumicino (che è altro comune), ma è stato divertente ascoltare la telefonata da lui fatta in seguito (non quella a Giordano in “Fuori dal coro”) dove si capisce benissimo che si trovava in una macchina, che non era lui che guidava, e che nella macchina c’erano un uomo e una donna che conversavano in inglese. Sicuramente deve essere un caso. Come è un caso risaputo che i nostri servizi prendono ordini da quelli britannici ed americani. Ma questa è un’altra storia.

 

I capi popolo

Come un’altra storia è la vicenda di poco precedente che ha visto coinvolto Giuliano Castellino, leader romano di Forza Nuova (nota organizzazione pacifica per nulla nota alle forze dell’ordine). Ebbene questo longilineo signore aveva aizzato la folla presente a “Piazza del popolo” a Roma, durante la manifestazione con i soliti quattro gatti (ovviamente secondo i media, quelli affidabili) contro il “green pass” dello scorso 9 ottobre, ad andare a “trovare” Maurizio Landini alla sede della Cgil, casualmente aperta pur essendo sabato. La storia come sia andata la conosciamo tutti. La cosa più interessante è che questo pasciuto personaggio lo avevo visto anch’io, ignorando chi fosse, durante la manifestazione (sempre contro il passaporto fascista per lavorare, e non solo) che si era tenuta nel mese di agosto, precisamente il giorno 6, sempre nella stessa piazza. Anche allora arringava la folla, urlando a tal punto che pensavo che gli sarebbe venuto un infarto, e faceva, per così dire, da moderatore ai vari interventi. Il tutto sotto il naso delle Forze dell’ordine (Polizia e Carabinieri) presenti in piazza per “vigilare” a che noi sovversivi non facessimo casini in un bollente pomeriggio (otre 38 gradi) romano.

Ebbene, quel che personalmente ignoravo era chi fosse costui, per dirla con un’espressione manzoniana. Solo a seguito di questi fatti di ottobre ho scoperto che il “signore” fosse stranoto ai tutori dell’ordine, che avesse un braccialetto elettronico, che gli fosse proibito allontanarsi da casa e partecipare a qualsivoglia pubblica attività. Strano, no? Non so se si è colta l’ironia.

Vorrei concludere la disamina di questi “specchietti per le allodole” citando un noto personaggio politico e giornalista che a mio modesto parere è il classico esempio di gatekeeper (letteralmente dall’inglese, il guardiano del cancello), termine tanto di moda ora per dire “infiltrato” in un determinato campo: Gianluigi Paragone. Lo fa bene, lo fa da tanto tempo ed è diventato quasi credibile agli occhi dei più. Molto presente sui media, sa molto bene quali corde toccare del senso di ribellione della gente. Ma come si suol dire, il pesce puzza dalla testa. E la sua…

Infine pongo dei seri dubbi sull’“autenticità” di un paio di personaggi femminili tanto di moda recentemente: il vice questore Nunzia Schilirò e la dottoressa Barbara Balanzoni. Entrambe vengono da ambienti di forze dell’ordine o militari. Forse non è un caso. Forse mi sto sbagliando. Chissà!

C’ho un grillo per la testa

C’ho un grillo per la testa

Breve considerazione sulla vicenda inerente il video che Beppe Grillo ha diffuso in Rete, e che riguarda le polemiche legate alla vicenda giudiziaria che vede coinvolto il figlio Ciro. Al di là se quest’ultimo sia colpevole o meno, cosa che stabilirà la magistratura, quel che a me colpisce di più non è, come tutto il coro unanime di commentatori in Rete e sui mass media si è prodigato a dichiarare, il presunto sfogo “comprensibile” di un padre esasperato, bensì la tempistica e il messaggio in sé. Il processo, credo, va avanti oramai da un paio d’anni, e come tutti i processi in Italia avrà il suo lungo corso. Dunque non penso che sia questo il problema per uno come l’ex comico. A me, piuttosto, è sembrato un messaggio lanciato volontariamente in pubblico a qualcuno, in modo tale da dichiarare pubblicamente che altri tipi di attacchi nei suoi di confronti (e non del figlio) potrebbero far si che lui si sganci da certi tipi di dinamiche, cui fino ad oggi ha dato il suo consenso. Il fatto che Grillo si sia venduto ai “poteri forti” da un pezzo mi sembra oramai scontato e chiaro a molti, se non a tutti. Ad iniziare dalla sua parte politica, per lo più fatta da incompetenti attaccati come tutti gli altri alla poltrona, e che è stata creata appositamente (come ho detto altre volte) per ingabbiare la rabbia crescente della gente nei confronti di una classe politica italiana fatta di parvenu e venduti in genere. Tuttavia il messaggio lanciato così, all’improvviso, sa tanto di pizzino mafioso, di avvertimento a chi deve capire, come a dire “se mi volete fare le scarpe, sappiate che venderò cara la pelle”. Pertanto fatela finita e non mi attaccate (il figlio è un pretesto). È un po’ come dire in pubblico a nuora perché suocera intenda. Magari mi sbaglierò, ma si sa, io so’ complottista… 😏

Benvenuti in Italialand

Benvenuti in Italialand

Il tam tam mediatico sull’importanza salvifica della campagna vacci-anale 😏 sta decisamente dando i suoi frutti. Ora, oltre alla gente che è stata lobotomizzata e che, stremata da un anno di cazzate e soprusi di ogni genere, chiede a gran voce di vaccinare subito tutti per uscirne, si vede bene l’effetto sull'”alta classe” politica italiota. Dalle cariche più alte, che lodano il salvatore della Patria che ha detto che vi dovete abituare negli anni a venire a farvi siringare, perché ci saranno sempre nuovi virus, ops, scusate, volevo dire nuovi metodi di governo delle masse belanti, alla bassa manovalanza (altrettanto inetta) che fa a gara a far vedere che sta facendo tutto il “proprio dovere” per marchiare le bestie. E allora è una profusione di furbetti che sgomitano per avere 5 dosi del liquido salvifico in più (prima erano le mutande facciali, alias mascherine), o che fanno vedere in tivvù quanto sono stati bravi e  solerti  ad aver marchiato i propri concittadini. Il tutto con il plauso o la riprovazione della casalinga di Voghera di turno (leggi Myrta m’inginocchio sdegnata mago Merlino) che dispensa “buon senso” a profusione.
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