Da un po’ di tempo a questa parte in Italia sembra destare l’interesse dei media il “dibattito” circa la presunta superiorità della società civile rispetto alla classe politica che la rappresenta. Di qui fiumi di parole in trasmissioni di tutti i tipi in cui “giornalisti”, “esperti” e “politici” s’affannano a riportare ciascuno la propria opinione in proposito, ora sostenendo l’una, ora l’altra parte con argomentazioni che, a volte, sfiorano il ridicolo e con un tono da ripicche degne di bambini delle scuole elementari.
Francamente penso che tutto ciò sia solo un falso argomento, un falso far finta di ragionare su una tematica che in realtà va presa da un punto di vista diverso: la classe politica di un Paese è quella che lo rappresenta in Parlamento, sicuramente è quella che, a torto o a ragione, è stata “democraticamente” eletta, sicuramente però è quella che si merita. Mi spiego meglio: il solo strumento in possesso della “società civile” è l’espressione del voto che esercita ogni qual volta viene chiamata a decidere circa il futuro politico, in tutti i sensi, del Paese; se in queste occasioni la scelta compiuta è quella di dare la propria fiducia alle stesse persone (destra, sinistra e centro, senza distinzione alcuna), non decidendo di mandarli a casa semplicemente non eleggendoli, non ci si può poi lamentare che sia una classe politica “brutta”. Sono una classe politica indecente! Sono l’espressione di quanto di peggio vi possa essere nell’ambito sociale: corrotti, incapaci, incompetenti, rozzi, ineducati, ma… ed è questo il punto, in un modo o nell’altro mandati a ricoprire quel ruolo da chi, direttamente o indirettamente ha dato il voto a loro o alla loro compagine politica. Dunque perché fare distinzioni? E’ pur sempre vero che nell’ambito sociale ci siano le stesse identiche “povertà” che si vedono ogni giorno in quello politico, ma il punto è che la rappresentanza politica dovrebbe avere lo scopo di vedere al vertice del Paese il fior fiore delle personalità che quel Paese può esprimere e non gente mediocre, nel migliore dei casi, che mai eleverà il livello medio di chi rappresenta nelle Istituzioni. Si racconta di Luigi Enaudi, secondo presidente della Repubblica, che quando andò via per fine mandato, al Quirinale lasciò perfino le valigie che gli erano state regalate da una nota casa di moda dell’epoca (non avendone di sue per i viaggi di rappresentanza all’estero, o almeno di degne di un capo di Stato), ritenendo che fossero una cosa non sua, bensì di proprietà dello Stato. Bene un comportamento del genere che abitualmente non ci aspetteremmo da un “cittadino qualunque”, lo dovremmo pretendere invece da chi, pro tempore, occupa una carica in “nostra vece”, non essendo le cose che utilizza per questo scopo proprietà sua, bensì della Repubblica, ovvero di tutti noi. A sanzionare il singolo cittadino sono preposte le leggi dello Stato, dunque se un singolo non si comporta secondo le regole del vivere civile comune, viene, o meglio dovrebbe essere sanzionato dalla Legge. Il parlamentare è “più” cittadino degli altri, in quanto ne rappresenta molti assieme e dunque il decoro, parola mi rendo conto desueta oramai, dovrebbe essere la sua cifra distintiva. Se così non è bisogna chiedersi il perché e di chi è la colpa che tutto ciò accada impunemente. Basta guardarsi allo specchio et voilà, trovata la risposta!
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Nemulisse

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