Tanto, tanto tempo fa c’era un mondo non proprio genuino, ma senz’altro più intellegibile di oggi. In quel mondo c’erano l’ingiustizia e l’inganno, tanto quanto oggi, ma erano in qualche modo più identificabili, visibili a chiunque. Le attività poste in atto da chi tali ingiustizie compiva per coprirle erano comunque riconoscibili all’occhio dei più attenti osservatori e questi ultimi venivano per lo più emarginati ai bordi della società, tacciati di vizi e la loro immagine veniva riempita di pregiudizi da parte della cosiddetta opinione pubblica, mezzi d’informazione in testa. La cosa non era, ovviamente, positiva, ma i ruoli erano chiari.
Oggi è tutto cambiato, nulla è più come prima. O meglio, l’ingiustizia e l’inganno continuano ad essere parte integrante della società, ma ciò che è cambiato sono i ruoli e gli attori in scena.
Dopo la caduta del Muro, infatti, è venuto meno il classico ruolo del gioco del “bene” contro il “male” ed è stato necessario mischiarli. Quale migliore escamotage, nell’era dell’immagine e dell’apparire, che rendere gli stessi spettatori protagonisti, dando loro una funzione non marginale nella mess’in scena stessa? Quale meravigliosa opportunità quella di rendere chi dovrebbe giudicare coprotagonista della pantomima stessa?
Et voilà, il gioco è fatto. Nella società dove l’immagine e l’informazione mediatica è tutto, si può operare un condizionamento collettivo delle coscienze molto più facilmente. Immagini manipolate ad hoc (vedi torri gemelle, oppure massacri di giornalisti palesemente preparati da professionisti del settore e non da quattro presunti scalzacani arabi nel caso di Charlie Hebdo), piuttosto che campagne mediatiche contro il russo cattivo invasore. Le informazioni e le immagini sono appunto manipolate più o meno bene, a tal punto da rendere partecipe lo spettatore-consumatore delle stesse come parte in causa dello stesso gioco, facendolo sentire partecipe dello sdegno (al punto da scendere in piazza manifestandolo tale sdegno) e convincendolo ad abbandonare i suoi diritti e la sua privacy in nome di una presunta sicurezza perduta (l’abbiamo mai avuta realmente?). Sono bravi, e molto, questi manipolatori dell’informazione, al punto che chiunque osi dubitare della loro mess’in scena viene automaticamente tacciato di “complottismo”, che oramai è sinonimo di “non allineato”. C’è chi è consapevole della manipolazione delle immagini e delle notizie e ci gioca su (si veda il caso del famoso dito medio alzato di Varoufakis), ma il confine del vero dal falso è così labile che si fatica a distinguere cosa sia l’una e cosa sia l’altra realtà offerta.Oggi i manipolatori sono globali, il grande inganno non è più una favoletta che, sostenevano i detrattori, s’inventano quattro sfigati che non vogliono vedere “la realtà” e che vedono il male dietro anche le più “innocenti” intenzioni. Si va in guerra e si uccidono decine di migliaia di persone in nome di presunte minacce e pericoli creati ad hoc, fingendo che, una volta scoperto l’inganno, tutto sia come prima. Nessuna condanna, nessuna sollevazione popolare o, questa volta sì giustificata, scesa in piazza contro un modo di manipolare le coscienze per scopi neanche troppo nascosti. Questo vuol dire solo una cosa, cioè che il livello d’assuefazione è talmente elevato oramai che si dà tutto per scontato e “normale”. E questo non accade soltanto nella nostra addormentata Italia.
Oggi è tutto cambiato, nulla è più come prima. O meglio, l’ingiustizia e l’inganno continuano ad essere parte integrante della società, ma ciò che è cambiato sono i ruoli e gli attori in scena.
Dopo la caduta del Muro, infatti, è venuto meno il classico ruolo del gioco del “bene” contro il “male” ed è stato necessario mischiarli. Quale migliore escamotage, nell’era dell’immagine e dell’apparire, che rendere gli stessi spettatori protagonisti, dando loro una funzione non marginale nella mess’in scena stessa? Quale meravigliosa opportunità quella di rendere chi dovrebbe giudicare coprotagonista della pantomima stessa?
Et voilà, il gioco è fatto. Nella società dove l’immagine e l’informazione mediatica è tutto, si può operare un condizionamento collettivo delle coscienze molto più facilmente. Immagini manipolate ad hoc (vedi torri gemelle, oppure massacri di giornalisti palesemente preparati da professionisti del settore e non da quattro presunti scalzacani arabi nel caso di Charlie Hebdo), piuttosto che campagne mediatiche contro il russo cattivo invasore. Le informazioni e le immagini sono appunto manipolate più o meno bene, a tal punto da rendere partecipe lo spettatore-consumatore delle stesse come parte in causa dello stesso gioco, facendolo sentire partecipe dello sdegno (al punto da scendere in piazza manifestandolo tale sdegno) e convincendolo ad abbandonare i suoi diritti e la sua privacy in nome di una presunta sicurezza perduta (l’abbiamo mai avuta realmente?). Sono bravi, e molto, questi manipolatori dell’informazione, al punto che chiunque osi dubitare della loro mess’in scena viene automaticamente tacciato di “complottismo”, che oramai è sinonimo di “non allineato”. C’è chi è consapevole della manipolazione delle immagini e delle notizie e ci gioca su (si veda il caso del famoso dito medio alzato di Varoufakis), ma il confine del vero dal falso è così labile che si fatica a distinguere cosa sia l’una e cosa sia l’altra realtà offerta.Oggi i manipolatori sono globali, il grande inganno non è più una favoletta che, sostenevano i detrattori, s’inventano quattro sfigati che non vogliono vedere “la realtà” e che vedono il male dietro anche le più “innocenti” intenzioni. Si va in guerra e si uccidono decine di migliaia di persone in nome di presunte minacce e pericoli creati ad hoc, fingendo che, una volta scoperto l’inganno, tutto sia come prima. Nessuna condanna, nessuna sollevazione popolare o, questa volta sì giustificata, scesa in piazza contro un modo di manipolare le coscienze per scopi neanche troppo nascosti. Questo vuol dire solo una cosa, cioè che il livello d’assuefazione è talmente elevato oramai che si dà tutto per scontato e “normale”. E questo non accade soltanto nella nostra addormentata Italia.