Si prova stanchezza, a volte, nel vedere ad ogni angolo di strada persone che, in visibile sofferenza, chiedono l’elemosina. La stanchezza è una stanchezza di ordine mentale e psichica. E’ mentale perché si fa fatica a concepire un così grande e diffuso cambiamento nell’ambito sociale in cui si è cresciuti per più di 40 anni; ed è psichica perché si entra in empatia e si soffre con le persone che versano in questa condizione così disagiata, quando non disperata. Credo che dal dopoguerra in poi il nostro Paese non abbia visto una così larga fetta di popolazione soffrire tanto per indigenza come al giorno d’oggi. Confesso di provare disagio, disagio profondo, nel vedere un’anziana cercare qualcosa da mangiare tra i rifiuti tirati fuori da un cassonetto dell’immondizia piuttosto che una giovane ragazza a piedi nudi e vestita di cenci chiedere l’elemosina all’angolo della strada. Provo dolore nello scoprire che, mentre nell’Italietta mediatica si parla di autentiche cavolate, che vanno da che fine ha fatto il “vip” finto scappato all’estero dopo l’ennesima condanna della magistratura, a quello che dicono o fanno gli omunculi che stanno popolando il nostro triste panorama politico, molta gente che subisce più o meno coscientemente tutto ciò sta combattendo con la sopravvivenza vera e propria. In altri tempi si sarebbe detto: “Che schifo!”, oggi ci si limita ad una remissiva indifferenza, anzi ad una sonnolenta acquiescienza di tutto ciò. Ciascuno ha ciò che si merita e l’italiano medio, me compreso forse, si merita questo! Non so se questo mio blog mi aiuti a cercare una giustificazione con me stesso a questo stato di cose, illudendomi di essere un po’ diverso dagli altri, oppure se la mia voglia di scappare da questo Paese provinciale, ai confini del mondo cosiddetto civile, sia un modo più o meno pavido per non affrontare la realtà che mi fa stare a disagio, ma senz’altro è un moto interno dell’anima per poter sopravvivere ad una realtà che trovo sia quanto di più lontano mi somigli, di quanto ho appreso nei miei anni di studio e di vita, di quelle che erano le mie aspirazioni e le mie speranze. No, è un mondo diverso quello che vedo oggi, troppo diverso da me per poterci coesistere pacificamente o, forse, non mi abituerò mai alla quieta indifferenza della realtà che mi circonda in questo posto: andare a vivere altrove è la sola risposta che mi rimane da dare alla mia residua voglia di sopravvivere. E trovo che tutto ciò sia profondamente triste!