Mentre a Roma il Governo Monti emanava il primo decreto “finte” liberalizzazioni, pilotato dai partiti (vedi Gianni Letta richiamato a consiglio) e dai cosiddetti poteri forti (banche, società d’energia, assicurazioni, ecc.), in Sicilia, fra l’iniziale silenzio complice dei mass media, un sempre più crescente movimento di protesta sta coinvolgendo a macchia di leopardo variegati strati sociali, dai camionisti ai pescatori, dagli agricoltori ai pastori, fino ad inglobare un po’ tutta la popolazione. Sembra che la loro protesta si allarghi fino a coinvolgere un altro “popolo” protagonista di lunghe sofferenze ed orgoglio indomito, quello dei sardi. Che siano queste due realtà la vera “Occupy Wall Street” italiana? Francamente, come ho avuto già modo in altri post di affermare, il movimento italiano di protesta mondiale contro lo strapotere della Finanza a scapito di intere popolazioni, s’è visto ben poco qui da noi e, per quel poco che s’è visto, con esiti decisamente disastrosi. Una speranza per il nostro vecchio, tanto vecchio Paese, può forse venire proprio da questi movimenti, sicuramente più “motivati” e “strutturati” di quelli organizzati in modo a dir poco semplicistico dai giovani che, pur avendo aderito ad un sentimento comune, non riescono a far emergere esigenze concrete, sentite dal resto della gente. Non riescono, per così dire, a svegliare gli italiani, popolo notoriamente dormiente nel difendere il sociale. Il detto di Jean de La Fontaine, ripreso a sua volta da Terenzio, che recita: “Uno stomaco affamato non ha orecchie” è quanto di più vero possa chiarire le crescenti proteste siciliane ora, magari di tutto il resto del Paese poi. Credo che i contadini siciliani, piuttosto che i pastori sardi, abbiano capito molto meglio dei nostri “politici” a tutti i livelli, quanto andrebbero considerate le agenzie di rating americane ed i fondi d’investimento da cui dipendono.

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Nemulisse

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