Non voglio in questo post parlare di questioni di morale, anche se ve ne sarebbero di discussioni da fare a tal riguardo, bensì mi interessa maggiormente mettere in evidenza come lo scenario che si sta preparando in Siria sia l’ennesimo capitolo di quello che i “malpensanti” hanno già da tempo denunciato come un piano preordinato a tavolino, buttato giù dai “signori” della guerra, per puri interessi economici. Il regime, a me non di certo simpatico, di Bashar Hafiz al-Asad era lì anche durante gli anni precedenti (per la precisione dal 2000) e prima di lui era lì il padre, Hafiz al-Asad, che era stato al potere quasi per 30 anni. Quale esponente del partito Baʿth, Hafiz iniziò ad essere particolarmente inviso alle unioni musulmane sunnite, soprattutto dopo che il suo maggior alleato, l’URSS, invase l’Afghanistan nel 1979. Proprio la caduta dell’URSS ha causato una serie di reazioni a catena in tutti quei paesi che gravitavano sotto la sua influenza e che sono da allora diventati estremamente “interessanti” agli occhi dei falchi della politica estera statunitense, vedendo aperta un’autostrada a quattro corsie verso profitti economici eccezionali derivanti dall’incamerazione delle ingenti risorse naturali di molti di questi paesi, nonché dallo sbocco economico per l’industria bellica americana e dei suoi “alleati” nell’operazione d’esportazione di democrazia nel mondo, ovviamente a suon di bombe o colpi di stato pilotati. Balcani, Iraq, Afganistan, tutti i paesi della cosiddetta “primavera araba sono le perle di questa bella collana preparata con saggezza, con una bella presentazione mediatica, perché la presentazione conta, e molto! Non c’è differenza, specialmente in periodi d’elezioni, tra “liberali” e “conservatori” nel promuovere “l’allargamento dei diritti”, e state pur sicuri che il turno della Siria è vicino, molto vicino. D’altra parte è sulla lista della spesa!