Nel pur attento articolo dell’altro ieri di Alessandro Gilioli sul suo blog dell’Espresso si metteva in luce il caratterre frammentario delle proteste sorte in reazione alla manovra finanziaria e di finte privatizzazioni messe in atto dal Governo presieduto da Mario Monti, o meglio dal sorgere di reazioni tendenti a mettere ciascun “pezzetto” sociale di Paese l’uno contro l’altro armati. Il problema però che, a mio parere, viene a galla è che la serie di iniqui provvediementi presi da questo Esecutivo altro non è se non la prosecuzione, con altri mezzi, della politica da sempre adottata in Italia negli ultimi 50 anni almeno. Le classi “privilegiate” continuano ad essere tali, così come lo erano ai tempi della Democrazia Cristiana o ai tempi della cosidetta seconda Repubblica, solo con altri metodi, con altro savoir faire. Il carattere frammentario della società italiana, in realtà, non è mai venuto meno fin dal Medioevo: l’Italia è sempre stata il Paese delle corporazioni ed i particolarismi. Ai tempi di Dante esistevano già le categorie sociali che si riunivano per dare maggiore forza alle proprie aspettative economiche e di diritti in un contesto che di “diritti” ne dava certamente ben pochi, ma per l’appunto era il tempo di una nascente borghesia quale punta di diamante di una classe sociale in fortissima espansione, come si vedrà poi durante il Rinascimento fino ad arrivare al 20° secolo. La contrapposizione fra classi dunque è sempre esistita e quella dominante ha sempre teso a perpetuare i propri privilegi a scapito, ovviamente, di quella più povera e con meno garanzie sociali. Ciò che è cambiato, come ho più volte scritto, è che le classi sociali si sono trasformate: la borghesia in senso stretto non è più tale, né tanto meno la classe “operaia”. Oggi la classificazione andrebbe spostata sul concetto, molto più semplificativo, di abbienti e poveri, là dove il grado di povertà si misura in una scala che va da chi non ha di che mangiare nel vero e proprio senso della parola, a chi manifesta il suo grado di benessere comprandosi l’ultimo cellulare uscito sul mercato come fosse segno distintivo di opulenza. E mentre queste due sub-categorie di nuovi poveri si scannano fra di loro per difendere i più elementari diritti, i primi, e le più effimere “conquiste” simboliche di una ricchezza non più tale, se non nell’immaginario indotto dalla vera classe dirigente, i secondi, chi detiene la vera ricchezza del nostro Paese e del mondo intero guarda dall’alto lo “scannarsi” infruttuoso del resto dell’umanità. I cani s’azzannano per un tozzo di pane, mentre loro mangiano comodamente seduti al tavolo della ricchezza godendosi lo spettacolo che hanno sapientemente preparato ai loro piedi. Il vero problema è che nessuno sembra riuscire a far capire ai “cani” che s’azzuffano, che c’è chi li guarda dall’alto dare questo spettacolo. I “Mangiafuoco” della nostra società hanno cambiato pelle, ma i fili continuano a tirarli loro. A noi, poveri burattini manovrati, non rimane altro che continuare, a quanto sembra, recitare una parte già scritta, con un copione tragico e ripetitivo!