K. Marx nel Manifesto del partito comunista auspicava il superamento dei privilegi dell’allora classe dominante, quella borghese. Quei privilegi di cui all’epoca godeva la borghesia erano i presupposti per una lotta di classe inevitabile, secondo il filosofo di Treviri. Nel corso del tempo la classe borghese si è andata a “mescolare” con quello che all’epoca di Marx era il proletariato ed il posto di chi gode maggiormente dei privilegi è stato preso da una classe di potere economico che non esisteva allora che è quella finanziaria. Come un secolo e più fa la borghesia aveva preso piede ovunque e messo i propri “uomini” in tutte le posizioni di comando dell’ambito sociale, da quello politico a quello culturale fino a quello economico, così oggi questo posto è stato preso dalla classe dei finanzieri, ma, già, perché c’è un grosso ma, con una grande differenza. La borghesia era sì padrona dei mezzi di produzione cui partecipava fattivamente il proletariato, seppur sfruttandolo e sottopagandolo. La finanza, spesso e volentieri, non è padrona neanche di dei processi produttivi di cui sfrutta, però, le ricchezze. In altre parole oggi come oggi la classe borghese-proletaria si è vista “scippare” il frutto della propria produzione da una classe di persone in doppio petto blue che, da dietro ad una scrivania, decide delle sorti di tutto il mondo che produce fattivamente. Ora, lasciando da parte le ideologie che sono venute in seguito alle teorie di Marx quali il realismo sociale, non sembra affatto utopistico ripensare la società in termini di eguaglianza ed equità. L’eguaglianza non vuol dire che tutti siamo uguali, ma abbiamo gli stessi diritti. L’equità è la base per un corretto funzionamento dell’ambito sociale perché alla base di una giustizia che calibra le incombenze a seconda delle possibilità di contribuire alla funzionalità della società. E a proposito di ciò che pensava che fosse la religione Marx, senza voler entrare nei “cuori e nelle menti” di coloro che credono, sarebbe ora che le “organizzazioni terrene” delle varie religioni presenti nell’ambito sociale iniziassero a contribuire al corretto funzionamento del medesimo anche da un punto di vista meramente economico, proprio in ordine a quel principio di equità su cui si dovrebbe basare il vivere comune.