A voler essere poco pessimisti questa italiana degli ultimi 30 anni è la storia di un Paese morto!
Il futuro di questa nazione è stato “venduto” circa 30 anni fa dall’allora governo Craxi, tanto osannato oggi da nostalgici di non si sa bene cosa. Per la politica allora messa in opera, che avrebbe rimandato alle generazioni future il compito di farsi carico del debito pubblico comune, fece sì che all’epoca sembrasse che il Paese avesse una rinascita politico-economica eccezionale, ma era solo un bluff. Il conto era solo rimandato ed i conti, prima o poi, si pagano. Quel lontano futuro in cui si sarebbe dovuto pagare è arrivato: oggi, ciascun italiano ha sulla propria testa un debito pubblico di circa 30.000€, neonati inclusi! Craxi fu quello che diede un’impennata al nostro debito pubblico, ma altri ancora si aggiunsero a contribuire alla crescita dello stesso: governo Amato (1992-93), Ciampi (1993-94), Berlusconi (1994-95), Dini (1995-96), Prodi (1996-98), D’Alema (1998-2000), Amato (2000-01), Berlusconi (2001-06), Prodi (2006-08) ed infine Berlusconi di nuovo.
L’assoluta miopia di una classe dirigente inetta ha fatto sì che non si sia investito sul futuro del Paese: né in cultura, né in innovazione tecnologica, con una visione del mondo ristretta e provinciale. A tutto questo aggiungiamo un’evasione fiscale che non ha eguali al mondo: oltre 300 miliardi l’anno, una cifra enorme che da sola basterebbe a sanare molti dei “mali” della nostra economia e del nostro stato sociale. Per non parlare poi dell’Ici non fatta pagare al Vaticano (propietario di circa 100.000 immobili) stimata intorno ai 700milioni di euro/anno, aggiunti ai circa 600m di esenzione d’Ires, Irap ed altre imposte, con poi circa 600m di evasione fiscale del turismo organizzato da enti cattolici, per non parlare dell’8 per mille, calcolato in circa 1miliardo di euro. Fra tutte le varie cifre di privilegi di cui usufruisce il Vaticano si giunge ad un ammontare di circa 4miliardi l’anno.
L’economia sommersa, per lo più dovuta a “lavoro irregolare” ammonta a circa 255-275miliardi di euro (stime istat del 2008 davano già questa tendenza come certa).
Se a tutto ciò aggiungiamo una serie di privilegi e corruzioni sociali diffuse a tutti i livelli, una classe politica, dirigente, imprenditoriale, culturale che non si rinnova da anni, l’incapacità di emancipazione dal giogo cattolico sullo Stato che dovrebbe essere laico a tutti gli effetti, una iniquità sociale che è sotto gli occhi di tutti, la domanda sorge spontanea: perché mai un giovane dovrebbe rimanere in un Paese come questo?
Si sostiene, per avallare la falsa opinione che tende a minimizzare l’attuale situazione, che “all’estero” non è che sia meglio, non è che sia tutto rose e fiori. Questo in alcuni Paesi sarà pur vero, ma non è affatto la regola generale. E’ vero, la corruzione esiste anche in civilissimi Paesi quali la Germania, ad esempio, ma in proporzioni, rispetto all’Italia, di 1 a 9, con la non trascurabile differenza che quando un reato è accertato i colpevoli si dimettono, se ricoprono cariche sociali, e vengono sanzionati immediatamente dalla legge, per lo più con il carcere. Da noi è l’eccezione quest’ultima ipotesi. E’ preferibile pagare le tasse in un Paese che ci restituisce ciò che paghiamo in servizi ed efficenza o vogliamo continuare a dire che “però in Italia c’è il Sole, il buon cibo, uno stile di vita (credo che ben pochi se lo possano permettere oramai) certamente più tranquillo. Per non parlare del carattere degli italiani, sicuramente popolo socievole e tollerante, tranne quando si va ad intaccare il privilegio del singolo cittadino, che sarebbe capace di uccidere per la propria macchina o il proprio televisore a led di ultima generazione…
Ciò che ho sempre trovato singolare nell’esaminare le differenze tra i cosiddetti “popoli nordici” e quello italiano è la considerazione totalmente differente che hanno le due tipologie della cosa pubblica: per i primi è in primo piano, per i secondi l’esatto contrario. L’italiano medio non considera un problema avere la strada nella quale passeggia sporca e dissestata, purché la propria casa sia un castello degno delle migliori fiabe; per un cittadino inglese o tedesco è l’esatto contrario. Le madri italiane (giustamente in questo caso, solo perché considero la guerra l’ultima delle ipotesi praticabili in assoluto) hanno sempre avuto come primo pensiero quello di disperarsi per l’andata in guerra dei propri figli, per quelle inglesi (che immagino non provassero ad ogni modo piacere) il primo pensiero era quello di fare il proprio dovere per la Patria (concetto che non considero sacro ed intoccabile). Insomma il rispetto (senza andare a considerare vicende molto particolari come quella appena descritta) per la res publica è la maggiore differenza che ho sempre riscontrato. Bene, è proprio questo concetto che l’italiano non riesce a capire; per l’italiano il motto che più s’addice è:  “armiamoci e partite”, perché le responsabilità sono sempre di qualcun altro!
Questo è un bel inizio per descrivere un Paese: è la descrizione di un Paese morto!
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Nemulisse

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